«Il gioco che avrei voluto inventare io? I Lego. Si costruiva e ricostruiva qualcosa seguendo un progetto. Se ne afferravano i principi costruttivi. Si inventava con criterio. Quelle confezioni di mattoncini erano uno strumento potente: avevano spartiti fitti e rigorosi, ti insegnavano a eseguire un pezzo, per poi lasciarti improvvisare con quello che avevi a disposizione. Giocattoli jazz, per gli inventori di domani».
«Un racconto d’amore? Un viaggio nel mito? Un’indagine tra i desideri reconditi del nostro Io? Il circo elettrico delle sirene è tutto questo insieme. Una storia ironica e commovente che ci svela segreti (un po’ terribili, un po’ divertenti) sulle signore del mare, e verità (un po’ romantiche, un po’ imbarazzanti) sui nostri bisogni più intimi».
Il racconto e la celebrazione della storia d’Italia attraverso i brevetti depositati dai nostri concittadini presso il Patent Office degli Stati Uniti: una scelta originale da cui emerge il ritratto di una nazione vitale, industriosa e geniale, il quadro che nessun manuale di storia potrà mai restituire. Nei centocinquanta brevetti presentati da Vittorio Marchis convivono premi Nobel, semplici operai, capitani d’industria, ingegneri, soldati, campioni dello sport; trovano spazio la Programma 101 dell’Olivetti, un coltello da tavola a cinque lame, la pistola Beretta, un attrezzo da giardino per potatura, un “processo di produzione di sostanze radioattive” (titolare del brevetto, insieme ad altri, un certo Enrico Fermi…), una pompa da bicicletta installata direttamente tra i raggi delle ruote e tantissimi altri.