– Nuove uscite –
Saggistica: La resilienza del panda di Cyrille Barrette
Dal 10 settembre in libreria e in e-book La resilienza del panda di Cyrille Barrette.
«Il mio incontro con Codice? Direi per affinità elettive, forse una certa comunanza di ethos; l’ethos ligure-piemontese, così sensibile alla civiltà delle buone maniere, che riaffiora nelle simmetrie biografiche con la persona che in prima battuta identificavo nella casa editrice: il suo fondatore, Vittorio Bo. Entrambi cresciuti a Genova, io con un bisnonno piantagrane sceso al mare provenendo da Pinerolo (dove il suo repubblicanesimo mazziniano creava qualche frizione con i concittadini, sudditi devoti di Casa Savoia), lui a fare il viaggio inverso trapiantandosi a Torino (lasciandosi dietro, nella città dei “lini e vecchie lavande”, larga parte dei consanguinei: dalla cugina Mercedes, indomabile animatrice dell’AIED, al fratello Daniele, mio compagno di scuola nel liceo d’Oria, al tempo in cui vi bazzicava anche uno studente che di nome faceva Massimo D’Alema).
Genova e Torino, oligarchica l’una e monarchica l’altra, entrambe a prevalenza aristocratica nella definizione dei criteri di apprezzabilità sociale. Poco calorose e molto selettive, a differenza di Milano; per nulla cinicamente ecumeniche in quanto critiche e riservate, a differenza di Roma. Del resto perché stupirsi di una tale affinità, visto che – come insegna Fernand Braudel – il popolamento della Liguria è debitore dei flussi costanti provenienti dal Piemonte (“Genova esiste per effetto di una serie di brecce nel vicino Appennino, tra cui quella della strada dei Giovi, e i suoi destini sono legati a questo colle decisivo”, scrive il grande storico francese in Civiltà e imperi nel Mediterraneo all’epoca di Filippo II). Provenienza confissa nella singolarità di un popolo marinaro con la struttura fisica tipica del collinare.
Ma sto divagando. Venendo al tema, la ligure-piemontesità di Codice si manifesta nella ricerca dell’eleganza che – proprio perché tale – deve essere sottotraccia eppure altamente denotativa; formale, in quanto pratica della distinzione, e al tempo stesso sostanziale, come deliberata estraneità al nazional-popolare che scivola nel plebeo. Questo – dunque – è il punto saliente, in un laboratorio delle idee quale una casa editrice; giovane ma già affermata nel suo primo decennio di vita. Il connotato di un timbro di voce riconoscibile in quanto naturalmente torinese e necessariamente cosmopolita. Perché la cultura alla torinese – con cui i liguri migliori hanno sempre intrecciato rapporti stretti (da Eugenio Montale a Italo Calvino), consapevoli delle affinità di cui si diceva – mantiene un tono e un taglio che la rendono inevitabilmente “straniera in patria”; spesso ammirata ma sempre fuori dalla corrente.
Codice non si sottrae al destino, nell’Italia dei mille irrazionalismi; nel presente incanaglito dalla devastazione del civismo; nel Paese della retorica e del curiale collusivo, dove mentalità scientifica ed etica pubblica vivono anch’esse un destino minoritario ed emarginato. Sempre rifiutando il facile intruppamento, l’omologazione. Sicché, con questa casa editrice dai tratti così evidenti, con la sua gente cortese senza essere smancerosa, anche uno della clandestinità – quale il sottoscritto – fin da subito non poteva che trovarsi perfettamente a proprio agio. A praticare le maniere dell’amicizia e del lavoro in comune come rispetto reciproco. Infine – rispondendo a precisa domanda – indico il primo libro marcato Codice che mi viene in mente nel Camus di Paolo Flores d’Arcais; anche perché mi arrivò in studio e – aprendolo – vi trovai l’affettuosa dedica dell’autore, caro amico e mio direttore di lunga navigazione in MicroMega.
L’ultimo è l’attuale livre de chevet delle mie notti condivise con l’insonnia: il saggio anticonformista e deliziosamente dissacrante sul “lato oscuro della libertà di internet” (L’ingenuità della rete, n.d.r.) scritto da Evgeny Morozov».
Pierfranco Pellizzetti, autore di Liberista sarà lei! (con Emilio Carnevali) e Conflitto.