«Non puoi occuparti di cultura con successo, organizzare festival, pubblicare quarantotto libri all’anno, continuare a far profitto anche in momenti difficili se non hai lo spirito giocoso e ottimista di Vittorio Bo, sessant’anni in luglio, che questa sera festeggia al Circolo dei Lettori di Torino i dieci anni di Codice. Gli chiediamo un’intervista al rientro di un lungo viaggio che lo ha portato prima a Dubai e in Qatar e poi in Corea del Sud, e si presenta con un foglietto con annotate le date significative della sua vita. La nascita (1953, a Buenos Aires), la precoce morte del padre (1978), l’arrivo dei figli: Marco (1982), Benedetto (1985), Lodovica (1990), avuti dalla moglie Federica. E le date del percorso pubblico: nel 1976 fonda la casa edirice Il Melangolo, nel ’78 lavora all’Ansaldo dopo la laurea in filosofia, nel ’90 è direttore generale dell’Einaudi, una lunga stagione che dura una dozzina di anni. É nel 2002, dall’incontro con il sindaco di Genova Beppe Pericu che nasce l’idea di organizzare un festival della scienza perché la città ligure era stata designata nel 2004 capitale europea della cultura. “L’unica condizione che posi a Pericu”, ricorda Bo, “fu di anticipare di un anno. Dal 2003 è un appuntamento che si ripete ogni autunno, l’anno scorso i visitatori sono stati 235mila. Quest’anno il tema conduttore sarà la bellezza. Determinanti sono stati gli incontri con mentori straordinari: Giulio Einaudi (1990); il genetista Luca Cavalli Sforza (1996), con cui ha realizzato una delle più belle mostre scientifiche (Homo sapiens, che è anche un long seller del catalogo Codice) che sarà allestita anche negli Stati Uniti. Ma prima di tutti un grazie speciale va alle conversazioni con lo zio Carlo Bo (“cugino primo di mio padre”), il grande critico letterario del Corriere che lo stimolava negli anni di apprendistato “con domande cui seguivano lunghi silenzi: sembravano di dissenso e invece erano di approvazione”.
Di formazione umanistica, Vittorio Bo nei viaggi che faceva per conto dell’Einaudi rimase colpito dall’enorme quantità di letteratura scientifica sugli scaffali delle librerie anglosassoni e venne folgorato da una frase di Luca Cavalli Sforza, “non esiste problema complicato che non possa essere spiegato in maniera semplice”. Cosìm cominciò un ambizioso progetto editoriale che ha come pietra fondativa un tomo di oltre mille pagine, La struttura della teoria dell’evoluzione di Stephen Jay Gould e un cammino di titoli brillanti come Immersi nelle storie di Frank Rose».
Dino Messina, Il Corriere della Sera (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).