Su Sololibri, Mario Bonanno recensisce Happycracy di Edgar Cabanas ed Eva Illouz, «un saggio che può impensierire e disallienare al tempo stesso: in quanto saggio controcorrente. E in quanto lucidissimo nel suo essere controcorrente».
«Il neo lavoratore-cittadino reificato al rango di consumatore (“produci-consuma-crepa” vaticinavano i CCCP di Ferretti e Zamboni) deve lavorare-consumare-crepare (semmai), sempre felice di farlo. È un fatto: la felicità (consumistica) è diventato l’obiettivo esistenziale. È diventato il sollen del nuovo millennio e d’altro canto non è concesso fallire: se si fallisce è colpa di chi fallisce. Si vede che aveva ancora da lavorare su se stesso.»
«Happycracy è un saggio scomodo, che ai più vigili fra i lettori può trasmettere inquietudine – o anche incazzature di diversa estrazione – (che fare? Scriveva Lenin). Ma è anche un saggio disvelatore. Fa riflettere. Tanto. Sull’involuzione della specie, per esempio. Su ciò che siamo diventati. Peggio ancora che sedotti. Succubi. Desideranti perenni. Miopi. Ipnotizzati. Questo è quello che è successo più o meno a tutti nell’era della polvere sotto il tappetto sociale (sacche di povertà sempre più ampie, sfruttamento, inquinamento, guerre, per il benessere di pochi) e delle felicità obbligatorie. Visto che se ne è parlato e scritto tanto in questi giorni: la DDR del muro di Berlino non era certo il paradiso in terra. Il problema è che nemmeno dall’altra esisteva un paradiso. Si sono manipolate lo stesso le coscienze, soltanto in maniera più subdola, accattivante se vi spaventa di meno. E quanto al paradiso – il paradiso delle merci e delle felicità artificiali – non esiste, è solo parvenza. I toni comizianti sono i miei, Happycracy. Come la scienza della felicità controlla le nostre vite ha toni meno furente. Se denuncia (e lo fa) lo fa con perizia chirurgica, di tipo accademico. Lo fa con estrema cognizione di causa. Non perdetevelo.»