«Le smart cities si fondano sui dati che devono appartenere alla collettività, essere considerati beni comuni e non finire nelle mani di poche grandi imprese impegnate a fare profitti. Serve un dibattito ampio sul controllo pubblico delle informazioni, per evitare casi come Cambridge Analytica. […] A Barcellona siamo partiti da oltre 300 chilometri di fibra ottica gestita direttamente dalla città, dal wifi gratuito ovunque e da una rete di sensori per migliorare il funzionamento di servizi pubblici come l’acqua. Poi abbiamo creato una infrastruttura che raccoglie i dati prodotti dai cittadini, garantendo privacy e controllo pubblico. Faccio un esempio: nelle case di molti distretti sono installati sensori a basso costo per misurare la qualità dell’aria e l’inquinamento acustico. Le informazioni sono poi immesse nell’infrastruttura e condivise con la comunità locale per arrivare a decisioni collettive e soluzioni condivise».
Alla vigilia degli interventi al Festivaletteratura di Mantova e al Festival della comunicazione di Camogli, Francesca Bria racconta a “Donna Moderna” Ripensare la smart city, il libro scritto a quattro mani insieme a Evgeny Morozov e appena uscito per Codice Edizioni.
L’aggettivo “smart” è la quintessenza dell’era digitale in cui viviamo, che ha promesso così tanto ma mantenuto così poco. Tutto sembra essere “intelligente”, dagli spazzolini da denti fino alle città, quelle smart cities che nell’ultimo decennio hanno conquistato l’immaginario collettivo e plasmato il lavoro di urbanisti, funzionari, politici e interi settori industriali. Sono però molte anche le critiche: lo scollegamento con i problemi reali della gente, la ricerca tecnocratica del dominio sulla nostra vita urbana, l’ossessione per la sorveglianza e il controllo, l’incapacità di pensare a strategie che mettano i cittadini – non le aziende o gli urbanisti – al centro del processo di sviluppo. Questo saggio analizza alcune delle critiche alle smart cities, e studia le connessioni tra le infrastrutture digitali che hanno riplasmato il paesaggio tecnologico delle città e i programmi politici ed economici che queste hanno intrapreso
o potrebbero intraprendere
a breve.