Contro l’apologia dilagante dell’ignoranza

Wired

“Da qualche tempo ho la percezione netta che stia dilagando una giustificazione a priori dell’ignoranza, e una condanna altrettanto aprioristica di qualunque forma di pensiero sia riconducibile alle etichette «intellettuali» e «cultura». Non ho modo di dimostrarla: servirebbe un’analisi rigorosa del fenomeno. Ma la percezione resta. E poi quell’analisi sarebbe condotta secondo un metodo che, appunto, non giungerebbe a chi lo rifiuta. E invece è proprio a queste persone che voglio rivolgermi.

A quelli che il Datagate non dice niente di nuovo, perché sapevano già tutto. A quelli che la medicina ufficiale è una fregatura, meglio il metodo Stamina. A quelli (un italiano su due, dice Demos) che la democrazia si può fare senza partiti, tanto c’è «la Rete». A quelli che hanno ragione i forconi e i popoli viola: tutti a casa, e che importa cosa viene dopo. A quelli insomma che dicono basta alle forme del sapere riconosciuto, perché è sempre e comunque irrimediabilmente corrotto – mica come il buonsenso, mica come il sapere popolare. Noi sappiamo, dicono, la vostra è «disinformazione».

Non che manchi. Se siamo nell’era dell’#iostocon, delle contrapposizioni frontali a suon di hashtag, se il muro è eretto anche e soprattutto tra «la gente» e «le caste», è perché chi ha detenuto le chiavi dell’autorevolezza di quelle forme e modalità del conoscere «ufficiali» ha fatto un pessimo lavoro, a volte sul campo (i partiti), a volte in termini di comunicazione (possibile cercare di dibattere di sperimentazione animale a partire dal pretesto mangiaclick degli insulti a un post di una studentessa malata su Facebook?). Ma se la reazione è solleticare l’istinto a discapito della ragione, mettere l’invettiva contro l’argomentare (domanda: perché un corso di logica elementare non è obbligatorio per tutti?) e più in generale considerare moralmente cattivo tutto ciò che si oppone al senso popolare, il risultato è di gran lunga peggiore della partenza.

Insomma, la sensazione è che l’atteggiamento abbia travolto la sfera del pensiero, dandole il colpo di grazia dopo che a ridursi in fin di vita aveva ben pensato da sé. È così che si finisce per respirare, in una parte che mi pare considerevole dell’opinione pubblica, l’odio per qualunque cosa odori anche solo lontanamente di culturale: perché il pensiero è astrazione, e dunque lontano dai «problemi reali delle persone» – come la classe politica non smette di ripetere in favore di telecamera, alimentando la sensazione di distacco che denuncia. E il pensiero sarebbe un lusso che non ci possiamo permettere, in tempi di miseria arrembante. Da cui i forconi che vogliono bruciare i libri a Savona, il metodo scientifico e la peer review sostituiti dai servizi delle Iene e dai memi su Facebook, l’idea che il digitale possa magicamente risolvere tutti i problemi della democrazia con l’esattezza di un algoritmo. Per non parlare dei complottismi più vari, e sempre in ottima salute.

L’indignazione, era forse inevitabile, sembra essere tracimata dalla classe dirigente a chiunque vi somigli. Ma qui il punto non è condannare l’«antipolitica» o il «populismo», né scoprire oggi l’allergia di tanta parte del Paese alla cultura e soprattutto al suo valore: siamo un popolo di non lettori, lo sappiamo, e tra i principali fallimenti della classe dirigente degli ultimi decenni c’è di certo quello nell’istruzione, nella promozione del suo valore e nella difesa della sua dignità. Il punto è chiedersi cosa sia diventata questa apologia apparentemente infinita dell’ignoranza ora che affolla le nostre vite online e, di conseguenza, sempre più le nostre vite e basta. E ora che questo rumore di fondo si aggiunge a quello, terrorizzante, prodotto in televisione: difficile dimenticare, per fare un esempio, lo sconcertante tasso di apologetica per i teoremi rivoluzionari del movimento sorto e poi rapidamente dissoltosi intorno ai forconi, anche quando non avrebbero resistito nemmeno a un’analisi logica.

Non ho una risposta, e non saprei certo dire se le nostre vite iperconnesse sono più o meno esposte di prima a questa condanna senza appello dell’impopolare. Dice Massimo Mantellini tra i commenti a una provocazione su questo tema sul mio profilo Facebook che potrebbe essere parte del carattere della nazione, e che forse oggi la tecnologia ha solo reso maggiormente evidente il fenomeno. Concordo. E del resto su Facebook e Twitter viaggiano molto bene anche i pezzi che in questi mesi hanno cercato di ristabilire la differenza tra nozione intuitiva e nozione scientifica in molti campi.

Ma ciò non fa che confermare che oggi quella differenza divide come forse non mai. E dubito sia perché siamo di fronte all’alba di un nuovo paradigma della scienza, magari dettato dal sostituirsi delle correlazioni alle cause secondo l’epistemologia del big data (Mayer-Schoenberger) o dall’essere la conoscenza diventata essa stessa una proprietà delle reti (Weinberger)».

Fabio Chiusi, Wired (per continuare a leggere, clicca QUI).

 

Fabio Chiusi è autore per noi di un libro che uscirà in primavera, il cui titolo provvisorio è Contro la democrazia digitale. La politica 2.0 alla prova dei fatti.
In quest’articolo cita inoltre David Weinberger, La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete.

David Weinberger - La stanza intelligenteIl sapere, prima trasmesso su un supporto rigido e definito come la carta stampata, per la prima volta nell’epoca di internet è alla nostra portata in modo pressoché illimitato. Nella stanza in cui siamo riuniti – internet – dove le fonti non sono certe e nessuno è mai d’accordo su nulla, circola molta più conoscenza di sempre, gestita con capacità superiori a quelle delle nostre singole menti e istituzioni. Eppure, ci dice David Weinberger, internet non ci rende più stupidi; al contrario, questa massa di conoscenza sempre a disposizione ci consente di prendere decisioni migliori di quelle di un qualunque esperto, basta sapere come muoversi al suo interno. Weinberger firma con La stanza intelligente un libro destinato a lasciare il segno, ridefinendo il concetto classico di conoscenza e il suo ruolo all’interno di un mondo sempre online.

Acquista il libro subito su IBS o Amazon.