Mormorio Will Eaves - Codice edizioni

– Nuove uscite –
Mormorio di Will Eaves

In libreria dal 22 gennaio Mormorio di Will Eaves, il primo titolo di narrativa Codice edizioni per il 2020.

Ispirato alla figura di Alan Turing, il geniale matematico britannico che a Bletchley Park riuscì a decodificare i messaggi della macchina nazista Enigma ed è oggi considerato il padre dell’informatica, Mormorio racconta la storia di Alec Pryor, che per sfuggire alla prigione per “atti osceni con una persona di sesso maschile” accetta di sottoporsi alla castrazione chimica e alle sedute psicanalitiche del dottor Stallbrook.
In parte diario personale, in parte epistolario, in parte resoconto di sogni allucinatori di Pryor, Mormorio è un romanzo sperimentale, coraggioso, che spezza il cuore ma sa restituirci, inaspettatamente, la fiducia negli esseri umani e nella loro capacità di amare.

Il dottor Stallbrook mi chiede spesso come mi sento. Gli rispondo che non lo so. Come ci si sente? È una di quelle cose imponderabili. Ho strumenti più efficaci per stabilire cosa sento, fatto già abbastanza misteriosa. Perché ciò che sento è di essere un uomo a cui è stata strappata la mascolinità, un essere ma non un corpo. Come l’Uomo invisibile, mi vesto solo per darmi una forma più o meno stabile. Fluttuo in un punto indefinito tra realtà e astrazione – cambio e mi trasformo provando a restare concentrato sulla trasformazione anziché fuggirla.
Mi sono convinto di essere qualcosa di simile a x – una variabile. Parliamo dei miei sogni, e nel corso di queste discussioni ho iniziato a considerare le figure oniriche come un altro sistema di variabili. Come spiegare, altrimenti, quell’assurda convinzione che ci accompagna nei sogni per cui gli estranei che incontriamo siano “davvero” persone che conosciamo? Cosa ci porta da un’espressione della variabile a quella seguente?
Da inorganico a organico c’è un salto. C’è un salto da una valenza alla successiva, e c’è un salto dal pensiero di una persona al pensiero degli altri. Il mondo è pieno di unità granulari discrete, stati probabilistici, e intervalli. Solo un’onda può portarci da uno all’altro; oppure una forza, o un flusso; o forse un campo. Quando mi guardo allo specchio penso, tre volte: «Sono io? Non sono io? Non sono ancora io?»
Il dottor Stallbrook mi incoraggia a scrivere. È come scrivere un testamento, mi dice – col suo solito buon senso. Quando hai firmato tutte le carte e redatto un testamento sai che ci sarà una fine. L’avrai già vissuta, per così dire. E le persone che fanno questo compromesso con la propria fine, con la prospettiva della morte – che la mettono nero su bianco – vivono più a lungo. Lo dice con una schiettezza che non riesco a non apprezzare.

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