Oscillogramma

La cattedrale di Turing – Estratto e galleria fotografica

Vi regaliamo un estratto da La cattedrale di Turing di George Dyson e una raccolta di fotografie pubblicate nel libro (gentilmente concesse dagli archivi dell’Institute for Advanced Study di Princeton e della University of Pennsylvania.

 

Capitolo 1
Alle ore 10:38 del 3 marzo 1953, in un basso fabbricato in mattoni in fondo a Olden Lane a Princeton, il matematico e biologo italo-norvegese Nils Aall Barricelli inoculò, in un universo digitale di 5 kilobyte, numeri casuali generati pescando a caso alcune carte da un mazzo. «Abbiamo svolto una serie di esperimenti numerici con l’obbiettivo di controllare la possibilità che in un universo creato artificialmente abbia luogo un’evoluzione analoga a quella degli organismi viventi», annunciò.
Un universo digitale, ridotto a soli 5 kilobyte o grande quanto internet, è composto da bit che codificano differenze nello spazio e differenze nel tempo. I calcolatori digitali creano un collegamento fra queste due forme di informazione, che si configurano come strutture e sequenze di dati mediante regole precise. I bit inclusi nelle strutture (variabili nello spazio, invarianti nel tempo) si possono intendere come elementi di una memoria, mentre i bit inclusi nelle sequenze (variabili nel tempo, invarianti nello spazio) fanno riferimento al codice. Il termine bit (contrazione dell’espressione binary digit) fu coniato dallo statistico John W. Tukey poco dopo il suo ingresso nel team di von Neumann, nel novembre 1945. L’esistenza di un’unità basilare di informazione comunicabile, che rappresenta l’identificazione di una fra due possibili alternative, fu definita in modo rigoroso nel 1945 dal teorico dell’informazione Claude Shannon nel suo saggio, allora segretato, A Mathematical Theory of Cryptography, poi rivisto e pubblicato con il titolo di Mathematical Theory of Communication (tradotto in italiano nel 1971 con il titolo La teoria matematica delle comunicazioni). «Qualunque differenza che generi una differenza»: così Gregory Bateson, uno dei pionieri della cibernetica, tradusse in parole povere la definizione di unità minima dell’informazione data da Shannon2. Per un calcolatore digitale, l’unica differenza che  genera una differenza è quella tra 0 e 1. Il fatto che due simboli fossero sufficienti per codificare qualsiasi tipo di comunicazione era stato stabilito da Francis Bacon nel 1623. «La trasposizione di 2 lettere per 5 collocazioni è sufficiente per 32 differenze [e] in virtù di quest’arte si apre una via che consente a un uomo di esprimere e comunicare le intenzioni della sua mente, a qualunque distanza fisica, attraverso oggetti […] capaci unicamente di una differenza duplice», scriveva il filosofo inglese prima di fornire esempi di come questa codifica binaria potesse essere trasmessa alla velocità della carta, alla velocità del suono o alla velocità della luce3. Che lo 0 e l’1 fossero sufficienti tanto per la logica quanto per l’aritmetica fu stabilito nel 1679 da Gottfried Wilhelm Leibniz, seguendo la via tracciata da Thomas Hobbes nel suo Calcolo o logica del 1656. «Per ragionamento, poi, intendo il calcolo», aveva proclamato il filosofo inglese. «Calcolare è cogliere la somma di più cose l’una aggiunta all’altra, o conoscere il resto, sottratta una cosa all’altra. Ragionare, dunque, è la stessa cosa che addizionare e sottrarre; e, se qualcuno volesse aggiungervi il moltiplicare e il dividere, non avrei niente in contrario, poiché […] si risolve […] ogni ragionamento in queste due operazioni della mente»4. Il nuovo calcolatore, con tutta la sua potenza, non era altro che una velocissima macchina per fare le addizioni, con una memoria di 40.960 bit. Nel marzo 1953 sul pianeta Terra c’erano 53 kilobyte di RAM (random-access memory, memoria ad accesso casuale) ad alta velocità5. Cinque di questi kilobyte si trovavano in fondo a Olden Lane, 32 erano divisi tra gli 8 cloni già realizzati del calcolatore dell’Institute for Advanced Study mentre i 16 rimanenti erano distribuiti in modo disomogeneo fra una mezza dozzina di altre macchine. I dati, e i pochi rudimentali programmi esistenti, erano scambiati alla velocità di schede e nastri perforati. Ogni isola di questo nuovo arcipelago rappresentava un universo a sé.

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