Claudio Magris, Stefano Levi Della Torre - Democrazia, legge e coscienza

Chi scrive le non scritte leggi degli dèi? – di Claudio Magris

«Nelle sue memorie, interessanti anche se non prive di una certa supponenza, Hans Küng cita (con ovvio e sottinteso intento polemico) una dichiarazione di Joseph Ratzinger del 1968: «Al di sopra del papa come espressione del diritto vincolante dell’autorità ecclesiastica sta ancora la coscienza individuale, alla quale bisogna obbedire prima di tutto, in caso di necessità anche contro la richiesta dell’autorità ecclesiastica». Una bellissima dichiarazione, che evidentemente Küng intende usare contro le attuali posizioni di papa Benedetto XVI.
Questo primato della coscienza individuale rispetto ad ogni autorità, anche a quella che l’individuo, come nell’esempio citato, accetta profondamente, è essenziale e problematico. Si può immaginare la lacerazione di un fedele, che si sente intimamente e moralmente costretto a seguire la sua coscienza contro un’autorità che egli peraltro accetta e venera profondamente, con un senso di appartenenza che coinvolge la sua intera vita. Se il fedele segue la propria coscienza violando così le prescrizioni dell’autorità ecclesiastica, vive un autentico e rispettabile dramma interiore, ma la sua autonomia e ribellione non creano conseguenze collettive, politiche e sociali gravi, o quantomeno immediate. La sua etica della convinzione, per citare Max Weber, non si pone in contrasto drammatico o tragico con l’etica della responsabilità. Certo egli può, in quanto legato alla Chiesa, sentirsi responsabile verso le conseguenze di lungo periodo che la sua ribellione, specie se imitata da altri, potrà avere sull’autorità della Chiesa, che egli continua ad accettare. Ma tutto ciò è meno immediatamente drammatico del conflitto di chi, in nome di un imperativo categorico assoluto della propria coscienza, delle leggi non scritte degli dèi cui si appella Antigone, si oppone a una legge positiva dello Stato – non necessariamente a una legge platealmente tirannica – provocando facilmente, come nel caso di Antigone o in altri, conseguenze molto pesanti sulla vita di tutti i suoi concittadini, verso i quali deve sentirsi responsabile. Il conflitto fra legge e coscienza è tragico. Si ha tragedia quando non c’è una nitida contrapposizione di innocenza e di colpa, bensì un conflitto nel quale non è possibile per nessuno assumere una posizione che non comporti inevitabilmente un certo grado di colpa. Sofocle non raffigura Creonte quale mostruoso tiranno; questi non è un Hitler, bensì un governante la cui responsabilità di governo e di tutela della città può chiedere di tener conto, in nome dell’etica della responsabilità cara a Weber, delle conseguenze, sulla vita di tutti, di una disobbedienza alle leggi positive e di un possibile caos che ne segua. Solo la composizione del conflitto è una soluzione, e questa composizione, come ha scritto Gustavo Zagrebelsky, spetta alla politica: è il senso della politica. Ma come comportarsi quando la composizione politica fallisce? Come comportarsi per evitare di giungere a questo punto di rottura, indubbiamente fatale o quantomeno pericolosissimo per la democrazia? La vicenda legata al nome di Eluana Englaro, ad esempio, si è in qualche modo avvicinata, pur su scala ridotta, a un punto di rottura. La coscienza che si ribella alla legge positiva dello Stato in cui vive l’individuo, il quale vi si ribella in nome della sua coscienza, può farlo solo se ritiene di potersi appellare a principi assoluti. Sin dalle origini fondanti della nostra civiltà, al diritto codificato (ossia alla legge) viene contrapposta l’universalità di valori umani che nessuna norma positiva può negare: all’iniqua legge dello Stato promulgata da Creonte, che nega sentimenti e valori universali, Antigone contrappone le non scritte leggi degli dèi, i comandamenti e i principi assoluti che nessuna autorità può violare. Il capolavoro di Sofocle è una tragica espressione del conflitto tra l’umano e la legge. Il decreto iniquo di Creonte è una legge positiva, con un suo contenuto specifico. Ad essa Antigone contrappone un diritto non codificato; secondo alcuni un diritto consuetudinario, tramandato dalla pietas e dall’auctoritas della tradizione. E la tradizione, ha scritto Pindaro, il poeta che ha puredefinito “sovrana” la legge (nomos basileus), è «regina di tutte le cose». Peraltro la consuetudine è stata talvolta contrapposta alla natura, sino a identificarsi quasi con la convenzione, con il nomos, antitetico per i sofisti (e non solo per loro) alla physis, alla natura. Ma le non scritte leggi degli dèi cui si appella Antigone non sono consuetudini, bensì imperativi categorici assoluti.Antigone è il simbolo intramontabile della resistenza alle leggi ingiuste, alla tirannide, al male; noi ad esempio veneriamo come eroi e martiri Sophie e Hans Scholl o il teologo Dietrich Bonhoeffer che, come Antigone, hanno sacrificato la loro vita per ribellarsi alle leggi di uno Stato, quello nazista, che calpestava l’umanità».
Da Democrazia, legge e coscienza, di Claudio Magris e Stefano Levi Della Torre, un estratto da un capitolo di Claudio Magris

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