«Tutti almeno una volta abbiamo fatto un sogno: quello di viaggiare nel tempo. Una costante dell’immaginario comune che gli scienziati hanno provato a studiare e i filosofi a interpretare, un topos ricorrente in letteratura e cinema, ma destinato a rimanere tale, perché, è convinto James Gleick, “la risposta semplice è ‘no’. Non è possibile viaggiare nel tempo”.
James Gleick, scrittore tre volte finalista al premio Pulitzer, è a Trieste per presentare il suo libro Viaggi nel tempo, analisi del sottile confine tra fiction e fisica. Ospite della rassegna di incontri con l’autore “Scienza e Virgola”, promossa da Scuola Internazionale di Studi Avanzati (Sissa) e Comune di Trieste in attesa di Esof2020. Gleick racconta all’ANSA come è nato questo lavoro: “anche se tutti pensano che il viaggio nel tempo sia un’idea relativamente recente, in realtà è un pensiero che risale all’antichità. La differenza è che non ci si chiedeva come viaggiare nel tempo, ma cosa sarebbe successo se fosse stato possibile”».
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Gli scrittori e il cinema ne hanno fatto un vero e proprio genere; i filosofi ci si sono spaccati la testa; la scienza li ha studiati. La possibilità che la direzione del tempo possa essere “aggiunto è diventata così una vera e propria icona della cultura popolare (e non solo) del Novecento. Tutto è iniziato nel 1895, con “La macchina del tempo” di H.G. Wells, e da allora, passando per Robert Heinlein e Philip K. Dick, ma anche Proust, Scott Fitzgerald, Kurt Gödel e Einstein, fino a “Dr Who”, “Terminator” e Woody Allen, i viaggi nel tempo non sono mai finiti. James Gleick ci accompagna in un’esplorazione che attraversa continuamente il sottile confine tra science fiction e fisica, e ci regala un affascinante affresco in cui si mescolano letteratura, cinema, filosofia e scienza.
«Un parco giochi pieno di attrazioni, che Gleick descrive con una passione contagiosa». The Wall Street Journal