Rileggere Dostoevskij alla luce delle nuove scoperte neuroscientifiche

l'Unità

«Insomma, sappiamo ciò che facciamo (prima di farlo) o no? È una domanda a cui si collegano migliaia di anni di riflessioni di filosofi con opinioni molto diverse che hanno al centro il problema del libero arbitrio: siamo o non siamo liberi di decidere che fare? Oggi al dibattito dei filosofi si aggiungono gli studi rivoluzionari di neurofisiologia, quelli che cercano di capire come funziona il nostro cervello, dove per l’appunto si troverebbe la sede della nostra capacità di decidere.

Penso al povero Mitja (Dmitrj Fedorovic Karamazov) che sulla carretta dei deportati si avvia verso la Siberia per un parricidio che non ha commesso e con l’anima stravolta invece per il ferimento di Grigorij, il servo che lo ha allevato con amore. I fatti: Mitja, follemente innamorato di una ragazza desiderata anche dal padre, entra nel giardino della casa paterna, vede che la ragazza non è lì, decide di fuggire, cerca di saltare il muro di cinta ma si sente afferrare per una gamba. È Grigorij che gridando erroneamente “assassino di tuo padre!” lo trattiene per una gamba; istantaneamente il braccio di Mitja si leva e un potente colpo di un pestello di bronzo si abbatte sul cranio del poveretto che stramazza al suolo in un lago di sangue. Ora Mitja è libero ma non fugge, scende dal muro e si precipita ad asciugare il sangue che esce copioso; con disprezzo per se stesso, lancia l’arma lontano. Poi, convinto di avere ucciso, riprende la fuga. La domanda che ci si può porre oggi alla luce dei nuovi risultati della neurofisiologia è: Mitja era cosciente di quel che stava facendo a Grigorij o no? E dunque è colpevole o no? Nel 1878, quando Dostoevskij scriveva I fratelli Karamazov l’unico modo di studiare il cervello sul piano fisiologico era di osservare eventuali difetti nei cadaveri di persone che da vive avevano manifestato particolari patologie.

(…) Michael Gazzaniga, autore del libro straordinario cui mi ispiro (Chi comanda?, Codice Edizioni) racconta delle sue esperienze nei deserti americani popolati da serpenti a sonagli: quando vedo l’erba che si muove, faccio un balzo all’indietro (“chissà quante volte sarei morto se non avessi avuto questa rapida reazione”)».

Eugenio De Rosa, l’Unità (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Michael Gazzaniga - Chi comanda?Secondo un trend oggi dominante nelle neuroscienze, gli esseri umani sarebbero “macchine biologiche”, prive di libero arbitrio perché soggette alle leggi fisiche che governano il mondo. Michael Gazzaniga propone però una tesi in controtendenza: pensieri, percezioni, ricordi ed esercizio della volontà, seppur emergenti da eventi fisici e biologici, non hanno origine in un cervello isolato, ma nelle interazioni di molti cervelli. Una “comunità delle menti”, quindi, dove nasce e risiede la nostra coscienza. Ponendosi all’incrocio tra scienze cognitive, psicologia, etica e giurisprudenza, Chi comanda? stabilisce una relazione fra mente, cervello e comportamento alternativa a chi, sminuendo il concetto di personalità, identifica l’uomo con la sola attività cerebrale. E rappresenta l’importante tentativo di dare un senso a ciò che siamo.

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