Perchè la ricerca del piacere ci ha fatto crescere ma ora può distruggerci (aprile 2012)

Venerdì di Repubblica

Cosa ci spinge a desiderare qualcosa fino ad agire per averla, nel caso in cui sia utile come in quello in cui  sia insensata e dannosa?

David Linden, ne La bussola del piacere, ci spiega come funziona quella parte del nostro cervello che provoca il senso del piacere; un “burattinaio nascosto” e “diabolico manipolatore” – come lo definisce Giuliano Aluffi nella sua interessante recensione sul Venerdì di Repubblica – talmente potente da farci percepire la dipendenza come una sorta di apprendimento.

“Per centinaia di migliaia di anni il piacere è stato la voce con cui l’evoluzione ci segnalava cosa era utile per la sopravvivenza della specie: mangiare, accoppiarsi, uccidere una belva. Una scarica di piacere significava: ‘Ehi, presta attenzione! Questa è una cosa importante, che sarà utile per la tua vita: ti conviene ricordarla’. Poi però abbiamo capito come superare la natura in furbizia, e abbiamo iniziato a procurarci il piacere su richiesta. Come le sostanze stupefacenti”.

“Oggi sappiamo che tutte le esperienze piacevoli attivano un’area precisa del cervello, chiamata area tegmentale ventrale. Le dipendenze corrispondono a cambiamenti duraturi nelle funzioni dei neuroni di quest’area. La cosa affascinante – e terribile allo stesso tempo – è che questi cambiamenti sono identici a quelli che l’esperienza e l’apprendimento producono nei circuiti neurali legati alla memoria”.