«Il libro stesso è un viaggio nel tempo. Una cavalcata tra letteratura, cinema e filosofia: discipline umanistiche e artistiche che si intrecciano con la scienza, abbracciandola, sopravanzandola o finendone ispirate. Viaggi nel tempo è l’ultimo libro di James Gleick, americano, storico della scienza, ex giornalista del “New York Times”, in arrivo a Roma per il gran finale del “National Geographic Festival delle Scienze”, in programma dal 16 al 22 aprile. Per scriverlo ha studiato 4 anni (“ma ci penso da molto di più”, racconta). Perché? “Viaggiare nel tempo è una parte così naturale della nostra galleria delle possibilità. Eppure si tratta di un’idea nuova, della fine del XIX secolo”».
Gli scrittori e il cinema ne hanno fatto un vero e proprio genere; i filosofi ci si sono spaccati la testa; la scienza li ha studiati. La possibilità che la direzione del tempo possa essere “aggiunto è diventata così una vera e propria icona della cultura popolare (e non solo) del Novecento. Tutto è iniziato nel 1895, con “La macchina del tempo” di H.G. Wells, e da allora, passando per Robert Heinlein e Philip K. Dick, ma anche Proust, Scott Fitzgerald, Kurt Gödel e Einstein, fino a “Dr Who”, “Terminator” e Woody Allen, i viaggi nel tempo non sono mai finiti. James Gleick ci accompagna in un’esplorazione che attraversa continuamente il sottile confine tra science fiction e fisica, e ci regala un affascinante affresco in cui si mescolano letteratura, cinema, filosofia e scienza.
«Un parco giochi pieno di attrazioni, che Gleick descrive con una passione contagiosa». The Wall Street Journal