L’indignazione torni a urlare nei partiti e nei sindacati

Il Secolo XIX

«Siamo stati tutti indignati in questi mesi, per una ragione o per l’altra; e lo siamo ancora davanti alla rielezione di un ottuagenario alla presidenza della Repubblica e al governo Letta-Letta che si annuncia. Criticare tutto questo, nel clima di restaurazione che si prepara, non sarà come rubare il Letta-Letta ai bambini: gli apologeti dell’inciucio, gli ideologi del liberismo de noantri stanno tornando a fare capolino dalle macerie lasciate dal berlusconismo. Per attraversare il deserto dei mesi, forse anni, che ci aspettano sino alla morte naturale dei protagonisti dell’attuale politica, consiglio Conflitto. L’indignazione può davvero cambiare il mondo? (Codice Edizioni, 115 pagine, 9,90 euro) di Pierfranco Pellizzetti.

Il punto di partenza del ragionamento pellizzettiano, ispirato ad autori come Toni Judt, David Harvey e Luciano Gallino, è: le proteste degli indignados che in questi anni hanno reagito alle devastazioni sociali prodotte dalla “guerra di classe degli abbienti contro i poveri”, come la chiama Warren Buffet, uno dei tre uomini più ricchi al mondo, non hanno mai oltrepassato la soglia del folklore. Di fatto, l’indignazione non ha impedito il salvataggio dei soggetti che determinano le crisi ricorrenti, in primis banche d’affari e i loro titoli spazzatura: precipitando nella disperazione anche il ceto medio, commercianti e piccoli imprenditori, la terza vittima del capitalismo da casinò dopo disoccupati e operai».

Mauro Barberis, Il Secolo XIX (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Pierfranco Pellizzetti - Conflitto

La lotta di classe c’è stata, ma la classe operaia l’ha persa. L’Internazionale trionfa, ma è capitalista.

Marc Augè