«Pierfranco Pellizzetti, Conflitto. L’indignazione può davvero cambiare il mondo? (Codice Edizioni, pag. 130, euro 9,90).
Occupy, una parola poi declinata in vario modo. Il punto di partenza è il movimento degli indignati. L’indignazione che vorrebbe reimmaginare una nuova idea di mondo, un po’ come nel ’68. Questo saggio spiega come spesso chi protesta è fuori dai processi significativi».
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Stiamo assistendo, in questi anni, a una progressiva accelerazione delle insorgenze sociali: dalle piazze maghrebine agli indignados fino a Occupy Wall Street, l’opposizione al vigente ordine economico e politico si è diffusa a macchia d’olio. Eppure le logiche che hanno regolato il mondo negli ultimi trent’anni non sono state neanche scalfite, e l’antagonismo è rimasto confinato nella dimensione sterile della pura testimonianza, politicamente inerte. Perché?