«Quando, nel 1895, Herbert George Wells apriva un filone della letteratura e dava alle stampa La macchina del tempo aveva 29 anni. Probabilmente lui non ne era consapevole. Ma quel giovanotto inglese che aveva alle spalle studi di biologia e di geologia e che sarebbe diventato giornalista, scrittore e saggista assai noto, fino ad approdare nel 1926 alla copertina del settimanale “Time”, fu il primo ad affrontare la narrazione dei viaggi nel tempo su un piano a suo modo scientifico. Passavano solo una decina d’anni e il tempo entrava prepotentemente nella nuova visione della fisica grazie alle intuizioni matematiche di Einstein e Minkowski e all’affermarsi del concetto di tempo come quarta dimensione. E solo pochi anni più tardi Proust e Joyce ponevano il tempo al centro della loro creazione letteraria. Coincidenze? O magari lo zeitgeist, lo spirito del momento? Sono alcune delle riflessioni che si rincorrono nelle dense pagine di Viaggi nel tempo, ultima fatica dello scrittore di scienza americano James Gleick, già autore di testi importanti quali Caos sulle teorie della complessità e Genio, ponderosa biografia del fisico Richard Feynman».
Gli scrittori e il cinema ne hanno fatto un vero e proprio genere; i filosofi ci si sono spaccati la testa; la scienza li ha studiati. La possibilità che la direzione del tempo possa essere “aggiunto è diventata così una vera e propria icona della cultura popolare (e non solo) del Novecento. Tutto è iniziato nel 1895, con “La macchina del tempo” di H.G. Wells, e da allora, passando per Robert Heinlein e Philip K. Dick, ma anche Proust, Scott Fitzgerald, Kurt Gödel e Einstein, fino a “Dr Who”, “Terminator” e Woody Allen, i viaggi nel tempo non sono mai finiti. James Gleick ci accompagna in un’esplorazione che attraversa continuamente il sottile confine tra science fiction e fisica, e ci regala un affascinante affresco in cui si mescolano letteratura, cinema, filosofia e scienza.
«Un parco giochi pieno di attrazioni, che Gleick descrive con una passione contagiosa». The Wall Street Journal
«Un meraviglioso promemoria che ci ricorda che la tecnologia più potente per viaggiare nel tempo è anche lo strumento più antico che abbiamo: la capacità di raccontare». The New York Times Book Review