«In America è stato un bestseller e, anche se il suo autore si considera e si dichiara un liberal, è un libro che ha fatto arrabbiare soprattutto i progressisti. Il fatto è che Menti tribali di Jonathan Haidt (titolo originale The righteous mind, ora pubblicato in Italia da Codice Edizioni) indaga il legame fra cervello, emozioni e politica e, scavando nella natura della passione «di partito», mette a nudo una verità che a molti non è piaciuta: è la testa di sinistra a essere più ristretta, sono i radicali i meno open-minded, sono loro che dovrebbero aprirsi di più, se vogliono capire ed essere capiti dalla gente – specialmente dagli elettori.
Come è possibile? I liberal non sono i più «aperti» per definizione, soprattutto alle diversità? Solo apparentemente. In realtà il loro messaggio politico fa appello a due/tre principi morali, mentre quello della destra risveglia ben sei principi: nelle parole di Haidt, questi ultimi riescono ad «attivare tutto il ventaglio di intuizioni morali», su cui poi il nostro cervello costruisce i giudizi etico-politici e su cui si basa in gran parte il nostro comportamento. In termini culinari, la «dieta morale» offerta dai conservatori è molto più varia e ricca di quella di sinistra e quindi soddisfa un pubblico più ampio: la morale dei repubblicani riesce a rivolgersi a tutti i «recettori del gusto», mentre quella dei democratici offre «soltanto cibi dolci o salati», quindi una visione morale «angusta».
Certo è un paradosso rispetto alle convinzioni comuni e soprattutto alle autoconvinzioni dei progressisti, ma Haidt non può essere accusato di essere di parte: psicologo sociale che ora insegna alla Stern School of Business della New York University, spiega di avere cominciato a studiare la questione anche perché, da democratico, era preoccupato per gli insuccessi prolungati del suo partito. E perché voleva capire come mai la destra riuscisse a conquistare così tanti voti, per esempio anche fra le classi sociali con reddito non elevato, che invece – in teoria – avrebbero dovuto essere attratte dalla redistribuzione della ricchezza invocata dalla sinistra».
Eleonora Barbieri, il Giornale (per continuare a leggere, clicca QUI).
Da vent’anni Jonathan Haidt, psicologo morale e filosofo, indaga i meccanismi profondi che regolano la nostra esistenza, le decisioni che prendiamo, i valori che crediamo universali, che condividiamo o che rifiutiamo. Il giudizio morale è secondo Haidt la bussola che, dalle piccole scelte quotidiane ai grandi temi della politica e della religione, orienta la tendenza naturale dell’uomo a riunirsi in tribù e a dividersi su ciò che si ritiene essere giusto o sbagliato. Menti tribali, arrivato ai vertici della classifica del New York Times, è un libro che propone una via alla convivenza e al dialogo, partendo dalla comprensione dei processi biologici ancestrali da cui nasce la nostra ricerca del bene.
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