L’Italia non è un Paese per scienziati (né ricercatori) – Gilberto Corbellini, Il Mattino

Il Mattino

«Non è un paese per scienziati, l’Italia. Almeno non per quei ricercatori i quali sanno che il progresso scientifico e tecnologico si fonda su quella che il Nobel Jacques Monod chiamava l’etica della conoscenza scientifica: l’adesione al postulato morale di dire sempre come stanno i fatti, rifiutandosi di piegarli a qualsiasi genere di opinione, ideologia, ambizione etc. Probabilmente l’Italia ha smesso di essere un Paese per scienziati da quando si chiusero le esperienze nel 1630 dell’Accademia dei Lincei (per la condanna di Galilei e la morte di Cesi) a Roma e nel 1666  dell’Accademia del Cimento a Firenze. Negli ultimi decenni la illogicità delle scelte politiche sulla ricerca scientifica, fatte a livello di parlamento, di ministero, ma anche di enti di ricerca e formazione pubblici, ha toccato in ogni caso impressionanti livelli. (…) Il sistema italiano della ricerca è messo male non solo per responsabilità della politica. Ma anche perché la comunità scientifica non ha mai fatto e non fa davvero niente per contrastare le derive di cui la stessa si lamenta ogni giorno. L’ultimo libro di Roberto Defez, Scoperta, chiama appunto in causa la comunità scientifica. Nella prima parte si passano in rassegna tutte le scempiaggini di cui siamo stati testimoni negli ultimi decenni, mentre la seconda parte è dedicata alla palude dei finanziamenti e dei reclutamenti. (…) Il messaggio chiave del libro è l’idea che questo Paese potrebbe uscire da molti problemi sia interni sia esterni alla ricerca se usasse regolarmente il metodo scientifico per ridurre il potere discrezionale dei decisori».

Su Il Mattino, Gilberto Corbellini parla dei problemi della ricerca scientifica in Italia e analizza i suggerimenti operativi illustrati da Roberto Defez in Scoperta.

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In Scoperta Roberto Defez mostra come la ricerca scientifica non sia un lusso culturale, ma la più concreta opzione per dare un futuro al Paese e alle nuove generazioni, e per far tornare una parte del fiume di giovani che abbiamo formato in Italia e che possono lavorare solo all’estero. Genera occupazione qualificata, sviluppo imprenditoriale, innovazione di prodotto, ma serve anche alla sicurezza nazionale, alla tutela del territorio e dei beni culturali. Intorno si fanno strada l’antiscienza e la nostalgia di un passato durissimo che in gran parte ignoriamo. Paghiamo il mancato rinnovamento vendendo le nostre aziende storiche. Eravamo i proprietari di piccoli ristoranti, poi ne siamo diventati i cuochi e ora semplici camerieri. Il metodo scientifico è il modo per risalire la china, per modernizzare il Paese, per compiere scelte non ideologiche in tutti i campi. Per premiare il merito e non il clan, per liberare energie e guidare il nostro futuro.

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