Letture.org propone una lunga intervista ad Andrea Lavazza, autore con Luca Sammicheli del saggio Il delitto del cervello.
«Il tema della volontà si declina soprattutto nei termini della libertà che vi soggiace – spiega Lavazza ai lettori. E le neuroscienze hanno cominciato da alcuni decenni a intervenire nel secolare dibattito sul libero arbitrio.» E prosegue: «la volontà umana sembra certamente uscire ridimensionata dalla ricerca scientifica contemporanea: non è quella libera e ferrea determinazione che ci piace immaginare se non, probabilmente, in pochi casi. Ma non possiamo per questo dire che non godiamo mai di libero arbitrio e che la nostra volontà sia solo un’illusione che nasconde meccanismi automatici, inconsci e, in definitiva, deterministici. Chi sostiene questa idea, e non sono pochi gli scienziati e i filosofi, ha ancora, a mio avviso, l’onere di provarla in modo più convincente.»
«È difficile attribuire al solo corredo genetico la spinta irrefrenabile a condotte criminose – osserva l’autore de Il delitto del cervello. Lo stesso vale per ogni altra singola causa. Ciò non significa che non abbiamo fatto progressi, ma semplicemente che in ogni situazione si deve fare un’analisi complessa dei moventi che portano quello specifico individuo a commettere quello specifico reato.» Inoltre, «il dibattito sulla prospettiva di rendere la pena un trattamento medico sul cervello del condannato solleva ovviamente numerose questioni etiche. L’oggettivazione della condotta e del suo possibile cambiamento a fini pro-sociali segnala tuttavia l’apertura di una prospettiva radicalmente alternativa a quella della libera scelta dell’individuo, che è il polo opposto rispetto alla tendenza a considerare il livello cerebrale quello più autenticamente causale da una parte e rivelatore di chi siamo dall’altra.»