«Fare gol con un dito al Subbuteo. Produrre vino a suon di pedine in Vinhos. Salvare un animale dall’estinzione con Fotosafari. In una parola: trastullarsi e imparare una professione. In fondo è quanto diceva Rainer Maria Rilke: “Il futuro entra in noi molto prima che accada”. Così, se la vostra fidanzata da piccola giocava con Barbie, evitate di vivere come Ken, 50 anni all’ombra di quel sorriso fintamente plastico. Piuttosto rispolverate i videogiochi di Super Mario e regalate ai vostri figli un giocattolo, pensando però a cosa diventerà da grande. Il mondo scientifico lo fa da tempo: la Nasa usa i Lego per simulare il movimento di rover come Curiosity, atterrato quest’estate su Marte, o per sviluppare processi d’intelligenza artificiale nei dipartimenti di robotica. È il caso dei soldatini, la cui versione evoluta in carne e ossa sono i broker della finanza: “Sono un gioco di guerra con l’obiettivo di conquistare l’armata nemica e, quindi, matematizzano il comportamento umano e le situazioni che portano a spartirsi le risorse”, scrive Davide Coero Borga in “La scienza dal giocattolaio” (Codice Edizioni)».
Il Tempo (per leggere l’articolo completo, scaricare il PDF a lato).
Sempre su La scienza dal giocattolaio, qui una gallery fotografica di Repubblica.it
E qui alcune interviste radio all’autore:
Il gioco che avrei voluto inventare io? I Lego. Si costruiva e ricostruiva qualcosa seguendo un progetto. Se ne afferravano i principi costruttivi. Si inventava con criterio. Quelle confezioni di mattoncini erano uno strumento potente: avevano spartiti fitti e rigorosi, ti insegnavano a eseguire un pezzo, per poi lasciarti improvvisare con quello che avevi a disposizione. Giocattoli jazz, per gli inventori di domani.
Davide Coero Borga