Il divenire matematico è hi-tech. Intervista a Joshua Cohen – Benedetto Vecchi, il manifesto

Il manifesto

Sulla pagine del Manifesto, l’intervista di Benedetto Vecchi a Joshua Cohen, «uno scrittore che non ha timore di confessare il suo proposito di voler fare grande letteratura; vuole usare la parola per comprendere il mondo, senza che questo coincida con la ricerca del successo e della fama. Ha appreso tuttavia la lezione del postmoderno, cioè che la retorica sulla fine delle grande narrazione nasconde il proposito ideologico di una narrazione spicciola e funzionale al mondo così come è. Per lui, la parola può tornare a essere il modo per comprendere e migliorare il mondo».

Vecchi scrive che Il libro dei numeri è un romanzo monumentale, epico, e «l’epica sta nel confronto tra lo scrittore e il manager, due figure idealtipiche per indicare altrettanti modi di vita. Il primo è un irregolare, sia nelle abitudini alimentari che sentimentali. Consuma porno, alcol e cibo indifferente a ogni cosa; l’altro è un salutista amante di uno stile di vita sobrio e in “decrescita” anche se sta edificando un mondo che consuma energie e risorse come mai è accaduto nella storia dell’umanità. Si annusano, squadrano, confrontano, cercando di capirsi anche se non necessariamente empatici l’uno con l’altro.

È il classico confronto tra cultura umanistica e cultura scientifica squadernato tuttavia nei suoi aspetti meno nobili: l’ambizione, l’arroganza intellettuale, la violenza psicologica esercitata sui simili per raggiungere i propri obiettivi. La tensione tra diversi modi di guardare il mondo non sfocia mai nel conflitto, perché entrambi le attitudini pensano se stessa come espressione di una verità assoluta mentre invece altro non sono che due volti di una stessa medaglia. Sono modi di vedere complementari».

Tra gli argomenti toccati dall’intervista, il rapporto tra Il libro dei numeri e la tradizione culturale ebraica, in particolare l’importanza dei numeri nella Kabbalah. «Una premessa è indispensabile» dice Cohen, «l’oggetto, il cuore del romanzo è la transizione da una civiltà della letteratura a un’era dei numeri. Con questo intendo, ma sono in una folta compagnia di scrittori e studiosi, un passaggio epocale da un’era che potremmo definire umanistica a un’altra dove la dimensione della vita è ridotta a una successione di numeri, a una loro combinazione. Dunque quello che ho voluto fare era di scrivere attorno a questa trasformazione, giunta al suo acme.

Mi interessava affrontare il collasso della letteratura, e forse dell’attitudine umanista, mentre si consuma l’ascesa dell’era dei dati. Nulla di tutto ciò può essere fatto risalire alla tradizione ebraica. Ogni religione ha però il suo risvolto mistico e anche io ne sono colpito, interessato. Così quando stavo scrivendo Il libro dei numeri questo elemento del misticismo – presente nelle grandi religioni monoteiste – è emerso all’interno della problematica di come esso possa o meno avere la capacità di raccontare la realtà».

A questo link l’intervista completa pubblicata dal Manifesto, a questo link l’intervista sul sito del quotidiano.

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Joshua Cohen sarà alla libreria Ambasciatori di Bologna giovedì 5 settembre; ospite al Festivaletteratura di Mantova venerdì 6 settembre, dove terrà un incontro al mattino e alla sera presenterà Il libro dei numeri insieme al matematico Claudio Bartocci; e sabato 7 settembre a Milano alla libreria Il tempo ritrovato, con Claudia Durastanti e Philip Di Salvo.