«Il nostro Dna si porta dentro milioni di anni, inclusa la tendenza all’aggressività e all’omicidio» scrive Massimiliano Parente su Il Giornale. Ciò a cui si riferisce è il saggio di Andrea Lavazza e Luca Sammicheli, Il delitto del cervello, recentemente pubblicato in una nuova edizione aggiornata con una nuova introduzione.
Il saggio si propone di raccogliere in maniera organica le conoscenze di genetica e neuroscienza che possono mettere in discussione il presupposto del libero arbitrio. Un tema delicatissimo, soprattutto per quanto riguarda le possibili ricadute giuridiche. Lavazza e Sammicheli si pongono dubbi relativi alla predisposizione, o meno, al delitto o se l’esame dell’attività cerebrale dei criminali potrà mai essere presa in considerazione in fase di giudizio. Questioni complesse che possono avere conseguenze etiche, giuridiche e filosofiche sull’intera società.
E se, come scrive Parente, «il mito del buon selvaggio è un mito appunto», gli autori mostrano come il cervello non sia necessariamente un killer.