Fantasmi domestici nel teatrino paranoico di Nathalie Kuperman

Il manifesto

«Sandra, una giovane giornalista, forse ancora impreparata al suo nuovo ruolo sociale, vive con un marito tanto pignolo quanto distratto, la loro figlia di poco più di un anno e, a settimane alterne, anche con i due ragazzi, Jules ed Émile, che l’uomo ha avuto da un precedente matrimonio. La casa in cui abitano rispecchia la loro condizione di agiatezza borghese, così come la loro vita è scandita dagli impegni del lavoro, delle attività dei figli e del poco tempo libero che gli resta a disposizione. Naturale che, per tenere in ordine il loro appartamento, i due coniugi decidano, a un certo punto, di ricorrere a una collaboratrice che si rechi da loro una volta a settimana per sbrigare il grosso delle faccende casalinghe. In estrema sintesi, è questo il canovaccio di La domestica (traduzione di Ornella Tajani, Codice Edizioni), quarto romanzo della scrittrice parigina Nathalie Kuperman (classe 1963), già autrice di Colazione con Mick Jagger (Del Vecchio editore), nonché di numerosi volumi di letteratura per l’infanzia. Un canovaccio che, all’apparenza, più tradizionale non si potrebbe, imbastito proprio perché sui suoi equilibri intervenga un elemento di disturbo che li alteri e li modifichi in modo imprevisto e incontrollato: e tale elemento -lo si scopre praticamente da subito, cominciando il racconto di Sandra dal termine della sua piccola vicenda: “Ho licenziato Marta”- è giustappunto l’assunzione della domestica. La prescelta, suggerita da un’amica, si chiama infatti Marta, come la nonna e come la piccola figlia di Sandra) e mostra presto il circospetto senso pratico di chi è abituato a muoversi nelle case e tra le cose altrui con la massima efficienza e il minor disturbo possibile. Pure, quello che nient’altro sembra che l’ulteriore elemento di ordinarietà nella vita di Sandra, per uno strano scherzo del caso (la coincidenza onomastica, le comuni origini e la laconica discrezione della domestica) si trasforma inaspettatamente in un grimaldello che scardina le certezze della giovane donna gettandola in uno stato di impotente prostrazione: preda di sentimenti alterni, Sandra non riesce a spiegarsi l’inquietudine che la assale al pensiero dell’ingresso di Marta nel suo ménage familiare: “Volevo una casa in cui saremmo bastati a noi stessi, e mio marito aveva questo in comune con me, voleva starsene in pace, non avevamo bisogno degli altri”».

Stefano Gallerani, Alias – il manifesto (per continuare a leggere l’articolo sul manifesto, clicca QUI).

 

kupermanMolto divertente, eppure stranamente tragico
Le Figaro

 

Il nuovo romanzo di Nathalie Kuperman splende come una piccola particella d’inferno.
Le Canard enchainé

 

Un incredibile viaggio al cuore di una psicosi.
Pierre Schavey

 

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