Come siamo diventati nordcoreani – Bookaholic

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«La storia viene narrata attraverso tre punti di vista che non potrebbero essere più diversi e per questo più completi: Yongju, giovane studente e figlio di una nota e recentemente decaduta famiglia nordcoreana, Yangmi, nordcoreana di confine che cerca di salvarsi vendendosi come moglie e Daehan-Danny, americano di origine cinese-nordcoreana ovvero uno joseon-jok. I loro cammini si incroceranno e la Corea del Nord scaverà nei loro cuori solchi e ferite. […] La migrazione è un problema reale, non si fa per divertimento. Le conseguenze sono serie, qui come nel Mediterraneo, come lungo il confine del  Messico e chissà in quali altre parti del mondo, con che rotte. La scrittrice si è ispirata al vero, nonostante sia sudcoreana. Si occupa di accoglienza ai rifugiati nordcoreani e ne avrà sentite forse anche di peggiori rispetto a quelle qui raccontate».

La lettura di un romanzo, anche se narra di fatti e Paesi lontani da noi, può riportarci con forza sorprendente a riflettere sul presente. Come accade con Come siamo diventati nordcoreani,  il romanzo di Krys Lee che racconta la storia di tre nordcoreani in fuga verso la libertà. Continua a leggere la recensione su Bookaholic.

Yongju è il rampollo di una delle famiglie più in vista di Pyongyang, la cui vita verrà stravolta nel giro di poche ore. Jangmi invece è poverissima, da sempre in lotta per sopravvivere con ogni mezzo nelle inospitali campagne nordcoreane. Danny è un teenager americano di origini cinesi e coreane, emarginato e deriso dai suoi coetanei. Per ognuno di loro la fuga sarà l’unica scelta possibile. Tre personaggi, tre voci, tre destini che da origini diversissime si incontreranno in uno dei luoghi più pericolosi del pianeta, il confine tra la Cina e la Corea del Nord. Krys Lee descrive un mondo popolato di spie, soldati, fuggiaschi, ladri e missionari, dove la vita di chiunque può essere barattata con poco ma dove i legami e l’affetto riescono in alcuni casi a resistere nelle circostanze più disperate, e offrire, se non un lieto fine, almeno un barlume di speranza.