– Nuove uscite –
Raoul Martinez Creare la libertà

In occasione dell’uscita di “Creare la libertà. Potere, controllo e la lotta per il nostro futuro” pubblichiamo un contributo dell’autore, Raoul Martinez, che domani sarà ospite del National Geographic Festival delle Scienze per presentare il libro.

«Anche se non ci è dato di scegliere i nostri geni né l’ambiente in cui cresciamo, questi fattori determinano la nostra identità, definendo le nostre capacità e caratteristiche in qualunque ambito, dall’empatia, la fisica, la gioia e l’immaginazione alla concentrazione, la perseveranza e l’autocontrollo. Sono le interazioni tra questi elementi a plasmare il cervello che usiamo per prendere decisioni: ma se non siamo davvero noi a crearlo, come possiamo essere responsabili delle scelte che ne derivano? La risposta più ovvia e provocatoria è che non possiamo, mentre l’opinione diffusa secondo cui dovremmo esserlo è ciò che io chiamo “il mito della responsabilità”. Tutti prendiamo decisioni ma lo facciamo con un cervello che non abbiamo “costruito” noi e in circostanze che non sono opera nostra.

Quando riflettiamo sull’eredità biologica, su come siamo stati trattati da genitori, fratelli, insegnanti e coetanei, sui modelli di comportamento che abbiamo incontrato e sulle opportunità che ci si sono presentate, appare subito chiaro che l’apparato con cui operiamo le nostre scelte è frutto di un processo costruttivo ben al di là del nostro controllo. La nostra identità è ereditata, non scelta. E quando arriviamo a possedere le facoltà critiche per interrogarci su tale identità, in realtà ne abbiamo già una ben precisa. Questo non significa che siamo incapaci di apprendere, crescere e svilupparci – ogni giorno le persone decidono di modificare alcuni aspetti di loro stesse o dei loro comportamenti – ma vuol dire che il modo in cui desideriamo questo cambiamento, e la misura in cui avremo successo nel provarci, dipenderà da ciò che già siamo come risultato della combinazione di geni e di esperienze. Alla fin fine è la fortuna a determinare chi siamo, chi vogliamo essere e quali risorse, interne ed esterne, abbiamo a disposizione per passare dalla prima condizione alla seconda; ne consegue che merito, colpa, punizione e ricompensa cessano di avere granché senso. Questa semplice idea è naturalmente foriera di conseguenze non da poco per le nozioni di moralità, identità, natura, giustizia e politica.

È solo per una scelta politica che, nell’osservazione delle azioni umane, limitiamo la spiegazione causale alla volontà dell’individuo e, allo stesso tempo, diamo poca importanza alle alternative che erano effettivamente disponibili. Accettare una spiegazione così superficiale ha implicazioni molto serie, visto che sposta l’attenzione dai fattori istituzionali – il contesto economico, culturale e politico – all’individuo. Povertà e crimine diventano fallimenti personali, mentre ricchezza e status si configurano come successi del singolo, e la medesima dinamica entra in gioco su larga scala per spiegare perché paesi o anche interi continenti permangono in condizioni di miseria. La Storia – schiavitù, colonialismo, imperialismo, sottomissione al debito, guerra – viene regolarmente accantonata e sostituita da semplici narrazioni di corruzione e decadenza culturale. Stringere il cordone della responsabilità intorno all’individuo o ad una nazione ci rende ciechi rispetto alle ragioni più profonde di quanto accade. Proprio questa sorta di auto-imposta cecità causale è al cuore di quel progetto di destra che è il Sogno Americano e, non a caso, è stata efficacemente utilizzata per giustificare le disuguaglianze estreme di ricchezza e povertà nel nostro mondo.

Ricercare spiegazioni causali più profonde esige impegno e tempo ma, del resto, il progresso dipende proprio dalla capacità di una cultura di comprendere e apprezzare la causalità complessa. L’atto stesso del domandare “perché” più e più volte ha un impatto edificante sul dialogo politico e ne innalza notevolmente il livello: che si parli di azioni umane o del cambiamento climatico, siamo chiamati a fare una scelta circa la profondità e la complessità delle spiegazioni che vogliamo ottenere – saranno approfondite o superficiali, elaborate o caricaturali? In linea di massima, la causalità superficiale protegge lo status quo mentre quella più profonda lo minaccia: ecco perché causalità profonda e politiche radicali sono connesse. In effetti, la stessa etimologia di “radicale” è legata all’idea di andare alla radice di qualcosa, al nucleo o all’origine di un problema, ed è precisamente ciò cui le politiche radicali mirano: superare i meri sintomi per raggiungere le cause scatenanti.

Da decenni stiamo affrontando almeno tre crisi profonde, ognuna delle quali aggrava le altre due: una crisi democratica, una di disuguaglianza e una crisi esistenziale-ambientale. Il fallimento delle classi dirigenti di riconoscere, per non dire di affrontare, le cause prime di tali crisi ha aperto la strada alla Brexit, a Trump e all’ascesa dell’estrema destra in tutta Europa. Per coloro che ancora traggono beneficio dallo status quo questa cecità causale è conveniente – almeno a breve termine – mentre per tutti gli altri è di vitale urgenza identificare le cause profonde e complesse di queste crisi. Per quanto oneroso possa essere il compito, è sempre più evidente che non possiamo permetterci altre spiegazioni superficiali: non possiamo più prendere sul serio una spiegazione della nostra difficile condizione che non prenda in considerazione quelle logiche potenti, espansionistiche, di concentrazione della ricchezza e di sfruttamento, al cuore del sistema che domina le nostre vite – il capitalismo».

  • “Creare la libertà” di Raoul Martinez

    Edizione: 2018

  • Euro: 35,00 €
  • Tot. pagine: 499
  • ISBN: 9788875787417

 

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