C’è chi si esalta per le potenzialità della rete e chi, come Evgeny Morozov, misura i buchi e avverte il mondo che non c’è gara, stravincono i buchi. Intellettuale di riferimento per tutta l’area critica rispetto ai macrofenomeni prodotti da internet (Google, Facebook e compagnia), l’ospite più atteso dell’ultima giornata di Festival del Giornalismo ha cercato di smascherare i meccanismi che convogliano fiumi di denaro in queste regalie telematiche, determinando – a suo dire – nuove povertà in ogni angolo del pianeta.
Da alcuni anni le aziende della Silicon Valley promettono abbondanza, prosperità, riduzione delle disparità e una nuova società in cui tutto sarà condivisibile e accessibile, superando le vecchie logiche di mercato. Ma le cose stanno davvero così? Siamo sicuri che Google, Amazon, Facebook, Twitter & Co. non siano piuttosto l’ultima incarnazione del capitalismo (ancora più subdolo, perché mascherato dietro le suadenti parole della rivoluzione digitale) e l’ennesima versione dell’accentramento di potere economico e politico nelle mani di pochi? In tutto questo, sostiene Morozov, di democratico, rivoluzionario e “smart” c’è ben poco. C’è invece una merce svenduta sull’altare del profitto: i nostri dati personali, la nostra privacy e soprattutto la nostra libertà.