Vittorio Bo

In un mare di libri – Lettera di Vittorio Bo ai lettori

Ai nostri lettori, per i dieci anni di Codice Edizioni

 

Foto di gruppo Codice

Le squadre di Codice Edizioni e Codice. Idee per la Cultura.

 

Nell’agosto di paio di anni fa mi trovavo a Cape Town per il meeting mondiale dei Centri della Scienza ed ero andato in gita proprio là, sul capo, dove si vedono le acque dei due oceani che confluiscono e ribollono con una forza maestosa.
Io ho sempre avuto attrazione fisica per il mare, fa parte di me. Da piccolo scappavo dalla mano di mia madre che mi accompagnava alla spiaggia e correvo, spesso vestito, e mi cacciavo in acqua. Era tutto il mondo per me.
Quelle acque così potenti mi hanno fatto pensare all’avventura dei battelli e delle navi, i cui equipaggi – voltato il capo – approdavano nel porto, stremati e felici di essere ancora una volta scampati alla prova della natura.

I libri sono sempre stati per me approdo e partenza, mare aperto alle avventure della fantasia e della conoscenza, bonacce di un pensiero lento e riflessivo e tempeste di sentimenti ed emozioni brucianti.

Undici anni fa ero uscito da Einaudi con i ricordi, le passioni e l’amore per il glorioso Struzzo.
Mi sentivo nudo, privo di un fine, della scossa quotidiana che mi pervadeva ogni giorno quando mi alzavo e pensavo a quei libri bianchi, a come avrei voluto andare avanti con idee nuove, con libri nuovi, con autori fedeli.
Pochi mesi prima avevo accarezzato l’idea di una casa editrice aperta, fisicamente proprio, in senso architettonico, dove alla produzione si fosse accompagnata anche la libera distribuzione delle idee, degli stimoli e anche degli ‘scarti’ di quanto una casa editrice ricca come Einaudi lasciava sul campo del tragitto dall’Autore, al libro, al lettore. L’avevo chiamata ‘Einaudi Beaubourg’: c’era anche un luogo predestinato nella vecchia Torino: redazione, vendita, caffè, biblioteca, sala mostre, internet, e altro ancora. Non se ne fece nulla.

Quell’idea, però, non l’ho mai dimenticata e abbandonata, e in ciò che poi ho pensato e realizzato dopo c’è al fondo molto di tutto quello, e cioè che la cultura ha bisogno di essere molto più  raccontata, vissuta, condivisa attraverso i suoi molteplici linguaggi e possibilità di fruizione, senza pensare solo ai ‘canali’ di mercato, o meglio superandoli, perché a ciascuno di noi quando guarda un quadro di Jaspers Johnson può venire in mente un libro di Steinbeck come un film di Elia Kazan. Le nostre sinapsi sono molto più ricche e più libere dei nostri modelli culturali, stabiliti e circoscritti dai canoni e dai ruoli.

Avevo in testa due progetti in particolare: un Festival della Scienza (anche stimolato dal successo di Mantova e Modena) e un luogo dove rappresentare e vivere le dimensioni del linguaggio e della Parola (l’avevo chiamato la “Città della Parola”). Il primo l’ho realizzato, il secondo non ancora.

Nell’autunno del 2001 sui tavoli di qualche editore circolava un grosso volume, troppo grosso per gli standard economici ormai diffusi nell’equilibrio tra costi e ricavi. Si chiama La struttura della teoria dell’evoluzione, che è il testamento scientifico ed intellettuale di uno dei più grandi pensatori del secondo Novecento, Stephen Jay Gould, pubblicato da Harvard Belknap un mese dopo la sua prematura morte. Gould è famoso per le sue indagini sulla filogenesi, per il processo dei cosiddetti equilibri punteggiati (assieme a Niles Eldredge), ed in questo libro traccia il percorso che da Darwin e la sua Origine delle specie del 1859 arriva sino a noi, per affermare la  portata rivoluzionaria della sua figura e indicare la straordinaria attualità della sua teoria dell’evoluzione.
Gli editori italiani erano guardinghi (ma anche negli altri paesi la situazione era la stessa: ammirazione e diffidenza), ma pensare al Festival della Scienza senza un ‘ancoraggio’ di pensiero elaborato, senza una memoria scritta che diventasse anche testimone di quella nuova avventura, non mi convinceva. Il libro di Gould era per me una sfida nella sfida. E così, senza pensare alla sigla editoriale che l’avrebbe prodotto, mi azzardai a chiederne i diritti a Susanna Zevi,  che me li concesse con grande entusiasmo e convinzione. Thanks, Susanna: in fondo tra le ricerche sulla Kabbala pubblicate dal melangolo qualche lustro prima e l’avventura della scienza di Gould c’è molto più legame di quanto si creda, e le amicizie in editoria sono solide quando si vede non tanto il ruolo quanto il  motivo del legame.

Il libro di Gould porta la dedica dell’Autore a Niles Eldredge e Elisabeth Vrba: due dei Tre Moschettieri  (con lui) con i quali condivise tante avventure intellettuali e ricerche scientifiche, e che vennero a Genova in occasione del primo Festival della Scienza nel 2003 a celebrare la memoria del grande scienziato americano e a festeggiare la prima edizione in lingua non inglese del libro.
Fu un doppio, grande successo, di pubblico e di critica. Quella scommessa, grazie a tutti coloro che l’avevano condivisa, primo tra tutti Telmo Pievani, era vinta. E non era poco.

A quel punto non avevo più dubbi, quel libro non poteva rimanere solo, isolato, ma aveva bisogno di compagnia. Così cominciai a pensare a quali titoli avrei pubblicato, cercando di sbagliare il meno possibile, moderando (ma non troppo) i miei entusiasmi e le mie passioni, cercando autori originali e anche sconosciuti.
Il secondo libro che pubblicammo fu L’evoluzione della cultura di Luca Cavalli Sforza, che considero un po’ un manifesto della casa editrice (e il suo Autore un Maestro di pensiero e di vita).  Luca scrive nella prefazione di questo fortunato libro -arrivato alla sua settima edizione- «… la cultura è qui intesa come insieme di conoscenze che acquisiamo e comportamenti che sviluppiamo durante la nostra vita; questi due elementi (conoscenze e comportamenti) creano la cultura sulla base dell’azione della nostre eredità biologica …e dei numerosissimi contatti individuali e sociali di qualunque natura vissuti da qualunque gruppo sociale».
Ecco il senso di una ricerca intellettuale che per me è diventata quella del mestiere editoriale, di mettere insieme pensieri, esperienze, testimoni diversi e farli dialogare, rendere evidente il loro carattere di originalità, essenzialità e alle volte di unicità ai lettori, per creare un percorso comune, un tracciato su cui compiere passaggi non ovvi.

Nel 2004 la lista dei titoli pubblicati indica già un orientamento vario sui temi della divulgazione scientifica e del confronto con grandi temi dell’impegno culturale e civile: dalla biografia di Isaac Newton di James Gleick, uno dei più brillanti e affermati divulgatori scientifici inglesi al primo titolo della serie “Grandi Scoperte” pubblicata negli Stati Uniti da W.W. Norton, uno dei più importanti editori indipendenti al mondo. Il libro è Il morbo dei dottori di Sherwin Nuland (medico e storico della scienza americano) e racconta della straordinaria, e al tempo stesso avversata, scoperta da parte del dottor Semmelweis a metà Ottocento della profilassi medica come elemento determinante nella cura dei pazienti. Per me questa serie rappresenta un esempio eccellente di dialogo tra le diverse forme di cultura, un ponte tra scienza, letteratura, arte, testimonianza. Sono davvero grato a Roberto Santachiara, perché me la propose sulla fiducia e credette nel progetto di Codice Edizioni sin dal primo momento.

Uno degli ambiti tematici e di ricerca che sin dall’inizio ci ha interessato è quello delle neuroscienze, fronte avanzato della ricerca scientifica e in continuo dialogo con tante discipline, non solo strettamente ‘tecniche’ (come biologia, chimica, fisica) ma anche con la poesia, la filosofia, la letteratura. Così quell’anno abbiamo pubblicato un testo importante di Alain Berthoz, professore al Collège de France su La Scienza della decisione assieme a La nascita della mente del giovane neuroscienziato americano Gary Marcus. Due libri che raccontano dei processi di crescita, funzionamento, mistero del sistema più complesso fino ad oggi conosciuto e oggetto di studi sempre più appassionanti e rivelatori.

Dalla Terra al Cielo. La  vita sulla Terra. Un’enciclopedia della biodiversità, dell’ecologia e dell’evoluzione di Niles Eldredge  è un libro davvero importante, frutto di una lunga, grande ricerca condotta da uno dei più grandi paleontologi e biologi viventi. 200 voci relative ai più grandi temi della nostra vita, per comprendere quanto sia importante conoscere l’articolato, infinito mondo che viviamo, “le infinite forme bellissime” di Darwin.
«La vita esiste sulla Terra da almeno tre miliardi e mezzo di anni: un intervallo tanto lungo da essere quasi inimmaginabile. La Terra stessa ha un’età che supera di poco i quattro miliardi di anni…. Non possiamo capire la vita se non capiamo come la vita si adatti alle parti non-viventi della Terra: le sue acque (l’idrosfera), il suo involucro gassoso (l’atmosfera), le sue rocce e i suoli (la litosfera). La storia della Vita e la storia del nostro pianeta sono inscindibili. La vita sulla Terra continua a esistere come parte  integrante del grande sistema fisico, che è insieme la sua casa e la sua fonte di sussistenza».
Jayant Vishnu Narlikar è un grande fisico e cosmologo, famoso per i suoi studi sulla gravitazione, il quale nel suo libro Le sette meraviglie del cosmo ci accompagna in un avventuroso viaggio di fronte alle sorprese del cosmo: dalle stelle nane e giganti alla loro esplosione, dai pulsar (che l’Autore definisce cronometri dell’Universo) alla gravità, dalle illusioni delle spazio all’universo in espansione.

Così è cominciata la storia, nuova e per me sempre presente, perché io non posso immaginare una vita senza i libri. Mi piace toccarli, annusarli, guardarli. Quando li metto in fila,  quando li ordino, mi danno sicurezza, pienezza. Quando arriva un libro appena stampato in casa editrice sono sempre emozionato, incuriosito di come è venuto.

Tanti libri e tanti autori si sono aggiunti al nostro catalogo, e tanti nuovi territori abbiamo indagato: il mondo digitale, l’economia, l’ambiente, la psicologia e tanto altro ancora. L’elenco è, per fortuna, lungo e lo potete ‘leggere’ e consultare su questo sito.

Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza un progetto comune condiviso con tanti collaboratori e collaboratrici, che hanno lavorato e che lavorano in Codice e per Codice.  Molti sono passati e sono andati altrove, spesso per scelta, a volte per differenze di idee e nuove opportunità. Io considero tutto questo naturale e persino benefico, proprio come in un porto dove le merci entrano, transitano, producono ricchezza e poi vanno altrove. Le idee non si fermano in una casa editrice, migrano, vanno verso i lettori, e questo è bene ed è il nostro scopo principale. E in questi dieci anni la casa editrice è cresciuta, ha costruito un catalogo, è un’azienda sana costruita da coloro che ci lavorano e verso i quali io nutro un particolare affetto e senso di stima. Senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile e non potremmo insieme continuare a progettare nuovi libri e nuove storie, guardando in avanti.

Tanti sono gli autori che dovrei citare, tutti, cui dobbiamo la gratitudine per la fiducia e l’impegno che hanno visto in noi e per l’ospitalità che hanno trovato in questa casa.
Non posso però non ricordare Enrico Bellone, che è stato uno dei nostri più prolifici autori, ma che per tutti noi, e per me in particolare, è stato un compagno di strada, un prezioso consigliere, un sostegno morale e intellettuale sempre, anche nei momenti difficili. É lontano ormai, ma per me sempre vicino.

Ora produciamo anche libri digitali, ma la dimensione materiale del libro non è sostituibile, e la scommessa è quella di far crescere la ‘famiglia’ del nostro ‘meccano’ culturale con altri strumenti, senza buttare via quelli vecchi, che tali mai non sono. É sempre successo così, dalla carrozza all’automobile, dalla radio alla televisione, sino a Internet: l’uomo è stato capace di produrre sistemi e mezzi che lo aiutassero a crescere nel benessere e nel progresso della conoscenza,  senza buttare via quello che avevano inventato i nostri padri.

Quel mare aperto che vediamo ogni giorno nelle idee e nei progetti che cerchiamo o che ci vengono proposti, prima che prendano forma e traccino delle rotte della nostra curiosità e della nostra vita, è per me il lavoro dell’editore: utile, libero, vitale e unico.

Vittorio Bo

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