Che cosa vuol dire “curare” nell’era dell’informazione, delle reti, dell’iperconnettività, degli algoritmi, della tecnologia e, soprattutto, nel momento storico in cui l’umanità ha la possibilità di stabilire relazioni significative con il resto del pianeta? Partiamo da uno scenario. Prendiamo una coppia, che vive e lavora insieme: insegnano all’università, si occupano di arte e ricerca, per professione osservano la mutazione della società con le reti e le tecnologie. Un giorno la vita di questa coppia si interrompe bruscamente: a uno dei due, Salvatore, viene diagnosticato un tumore al cervello. Lui ha 39 anni; lei, Oriana, ne ha 33.
Nel 2012 a Salvatore Iaconesi è stato diagnosticato un tumore al cervello. Invece di arrendersi alla condizione di paziente, ha deciso per un gesto radicale, mutuato dalla sua pratica quotidiana di hacker: pubblicare online la sua cartella medica e chiedere letteralmente al mondo intero di partecipare alla sua cura, per restituire alla malattia la dimensione umana e sociale persa nei protocolli ospedalieri. E il mondo intero ha in effetti risposto. Da ogni angolo della Terra medici, ricercatori, guaritori, designer, artisti e persone di ogni età, genere e condizione hanno collaborato a un esperimento collettivo di condivisione e apertura.
È nata così “La Cura”, un progetto open source applicato alla medicina e al suo rapporto col corpo umano, una storia personale raccontata a due voci, un libro che potrebbe cambiare il nostro punto di vista sulle malattie, su come affrontarle e riportarle nella società abbandonando il ruolo di pazienti, sul significato della parola cura e la possibilità di estenderlo ad altri ambiti della vita.