Nel suo ultimo saggio lo psicologo Paul Bloom sfata due miti sull’origine dell’etica, ridimensionando il valore della cultura e dell’apprendimento ed esaltando il potere della razionalità. Ma non tutti sono d’accordo.
Ce ne parlano Edoardo Boncinelli, Giovanni Reale e Antonio Sgobba su La Lettura del Corriere della Sera.
In scena ci sono tre pupazzi e una palla. Il pupazzo al centro passa la palla a quello di destra. Il secondo la restituisce al primo. Ora la palla va a quello di sinistra. Che la prende e scappa via. Tutto si svolge sotto gli occhi di un bambino. Finiti i passaggi, vengono messi davanti al piccolo il pupazzo di destra e quello di sinistra. Di fronte a ciascuno dei due c’è un dolcetto. Si chiede all’infante di prendere uno dei due dolcetti. Che cosa farà il giudice bambino? Sottrarrà il dolcetto al pupazzo a sinistra, quello cattivo. Ripetendo l’esperimento si osserverà che la maggior parte dei soggetti reagisce allo stesso modo. Addirittura capita che il piccolo si protenda verso il pupazzo cattivo e lo colpisca ripetutamente alla testa. Insomma, il cattivo viene sempre punito.
È uno degli esperimenti riportati dal professor Paul Bloom nel suo ultimo saggio Buoni si nasce. Le origini del bene e del male (Codice edizioni). L’autore è docente di Psicologia e si è occupato di infanzia e morale anche nei suoi libri precedenti, Il bambino di Cartesio e La scienza del piacere. Analizzare gli atteggiamenti dei bambini non è semplice: «Sono più difficili da studiare persino dei ratti o dei piccioni, che almeno possono correre in un labirinto o spingere una leva», osserva Bloom a proposito dei suoi studi presso l’Infant Cognition Center di Yale, laboratorio diretto da sua moglie, Karen Wynn. Che cosa dimostrano le sue ricerche? «Alcuni aspetti della morale ci appartengono in modo innato», scrive il professore. Psicologia evolutiva, biologia evoluzionistica e antropologia culturale ci dicono che abbiamo ricevuto dei doni naturali: la capacità di distinguere tra azioni crudeli e azioni gentili, l’empatia, la compassione e un primitivo senso di equità e di giustizia. Questo non vuol dire che la nostra etica in tutta la sua complessità sia presente sin dalla nascita. Ci sono però alcuni fondamenti morali che non vengono dall’apprendimento o dalla cultura e sono il frutto dell’evoluzione.
Verrebbero sfatati così due miti sull’origine della morale. Non nasciamo egoisti e crudeli, per poi acquisire un’etica attraverso la cultura, e non siamo neanche piccoli angioletti dalla nascita, corrotti in seguito dalla società cattiva. Secondo Bloom ciò che è innato non è l’impulso a fare il bene ed evitare il male, piuttosto la capacità di esprimere un giudizio. La moralità inizia coi geni, ma non finisce certo lì.
La nostra vita morale si comporrebbe quindi di due parti. La prima comincia con i sentimenti che abbiamo quando nasciamo. La seconda inizia quando interviene la ragione. Gran parte degli psicologi e dei neuroscienziati oggi la sottovalutano: domina ormai l’idea per cui le nostre scelte sono dettate per lo più dall’istinto e dalle emozioni. Bloom non è d’accordo: «Una parte fondamentale della nostra morale — quasi tutto ciò che ci rende umani — emerge nel corso della storia dell’uomo e dello sviluppo individuale. È il risultato della compassione, dell’immaginazione e della nostra straordinaria capacità di ragionare». Non si può essere bambini per sempre.
Antonio Sgobba
Lo scienziato – Tema scivoloso, difficile essere obiettivi
Il leone come Erode. Biologia e morale non vanno confuse
Ci si è posti da sempre la domanda se si nasce buoni o cattivi, e anche oggi sono sicuro che ci siano molte persone a cui la faccenda interessa. Il fatto è che, per rispondere seriamente alla domanda, occorrerebbe prima chiarire due punti cruciali: che cosa vuol dire buono e cattivo, e che cosa vuol dire nascere in una certa maniera. Due domande formidabili. Il giudizio di buono o cattivo e i concetti di male e di bene, sono eminentemente culturali. In natura non esiste né bene né male, anche se esistono spinte istintuali finalizzate a risparmiare qualche vita nelle lotte e nelle competizioni. Classificarle come bene è comunque decisamente arrischiato. E anche sulla valutazione culturale di buono e di cattivo avrei i miei dubbi, anche se nella vita di tutti i giorni si danno di continuo valutazioni del genere, e chi parla è sempre buono e quasi tutti gli altri sono cattivi.
Posso concedere che ci sia un’azione buona e una cattiva, sempre che ci mettiamo d’accordo sul metro di giudizio. Ma già che ci siano individui buoni e individui cattivi, lo ritengo molto dubbio. Buono sarebbe chi compie tutte azioni buone? O una buona parte buone e una piccola parte non buone? E qual è la percentuale discriminante? I delinquenti più efferati possono compiere moltissime azioni buone e, viceversa, una persona proba e a modo può compiere una serie di piccoli o grandi atti riprovevoli.
Che poi collettivamente gli esseri umani possano essere giudicati buoni o cattivi, non lo credo proprio proponibile. In noi convivono continuamente il male e il bene, anche giudicati sul nostro metro personale, e non credo che esista nessuno che sia irreprensibile o da giudicare complessivamente in maniera più positiva o più negativa. Nella conversazione quotidiana possiamo tranquillamente continuare a usare tali parametri e a dare tali valutazioni, ma non è accettabile che si tenti di dare una giustificazione scientifica a giudizi aleatori e basati esclusivamente sul senso comune e su una delle diverse tradizioni culturali e religiose.
Non parliamo poi delle affermazioni sull’indole personale e su come si nasce e come si diventa. Sono secoli che si sentenzia in questo senso, ma nessuno dei metri adottati si è mai rivelato all’altezza di un criterio rigorosamente scientifico. Si disputa ancora oggi sul fatto che si nasca intelligenti o creativi o volonterosi o pigri, e quintali di parole sono state spese su argomenti del genere; figuriamoci sull’essere buoni o cattivi dalla nascita!
Le affermazioni su un tema così scivoloso non possono avere quindi niente di obiettivo. Ma si possono osservare gli animali, più o meno vicini a noi. Non è la stessa cosa, ma è un contributo alla discussione. Anche qui però ci si trova un po’ nei guai, se pure cerchiamo di adottare per loro i nostri criteri. Non c’è dubbio che esistano spinte istintuali che potremmo definire positive nel comportamento della maggior parte delle specie animali superiori. Quasi nessuna lotta o competizione finisce in natura con la morte di uno dei contendenti. Chi finisce per sentirsi inferiore «si arrende», ovvero mette in atto alcuni comportamenti stereotipati atti a mettere l’aggressore in condizione di non finirlo, cosa che tra gli esseri umani per esempio non sempre avviene. Così si risparmiano vite e quindi investimento di risorse naturali. Come pure esiste in ogni specie superiore un sentimento di rispetto e di protezione nei riguardi dei più piccoli. Ma esistono anche qui eccezioni. Quando un leone uccide o scaccia un altro leone prendendone il posto accanto alla leonessa oggetto della competizione, il vincitore è ansioso, per ragioni biologiche, di avere dei cuccioli. Se la femmina ha dei leoncini che allatta, lui li farà fuori in modo da renderla indirettamente pronta per un’altra gravidanza. È buona o cattiva la natura? Forse meglio porsi altre domande, più costruttive.
Edoardo Boncinelli
Il filosofo – Un’interpretazione che nega la trascendenza
Illuminismo astratto. Non vede l’essere ma solo l’apparenza
Il libro di Paul Bloom, uno psicologo dell’età evolutiva, su «le origini del bene e del male», costituisce un esempio del modo in cui le scienze, sia umane sia naturali, cadano spesso in forme di «integralismo», in forme di «illuminismo» a oltranza, cancellando ciò che non rientra nella sfera della ragione e negando la trascendenza e il religioso nel loro vero significato. In realtà, come diceva Martin Heidegger, «soltanto un uomo religioso può comprendere la vita religiosa, perché altrimenti non disporrebbe di alcun dato genuino».
Bloom, quando parla della religione, la riduce a un fenomeno socio-politico, limitandone la natura e la portata. Dà rilievo a una serie di conseguenze negative che ha prodotto, senza rendersi conto che tali conseguenze sono state prodotte non dalla religione in quanto tale, ma dal suo abuso in senso ideologico-politico.
In particolare, sostiene che «è sbagliato supporre che le elevate facoltà morali siano intrinseche alla natura umana», ossia che siano «un codice morale datoci da Dio». I concetti di bene e di male si spiegherebbero con «l’evoluzione biologica» della specie umana. Le leggi morali, dice, «le abbiamo fatte noi».
Alla fine del libro, l’autore riassume la sua tesi, che considera confermata «dalla esperienza di ogni giorno» e «dalla psicologia evolutiva», come segue: «Risulta (…) che la nostra vita morale si compone di due parti. Comincia con i sentimenti che abbiamo quando nasciamo, che sono straordinariamente complessi: i bambini piccoli sono animali morali, che l’evoluzione ha dotato di empatia e compassione, della capacità di giudicare le azioni degli altri e persino di una comprensione basilare della giustizia e dell’equità. Ma noi non siamo bambini. Una parte fondamentale della nostra morale — quasi tutto ciò che ci rende uomini — emerge nella storia dell’uomo e dello sviluppo individuale. È il risultato della compassione, dell’immaginazione e della nostra straordinaria capacità di ragionare».
Per dimostrare questo, egli si basa sulla teoria dell’evoluzione. La dottrina di Darwin può tuttavia spiegare una serie di fenomeni biologici, ma non la ragione (alla quale il nostro autore dà la massima importanza) nella sua natura e portata. Da tempo, si è rilevato come l’evoluzionismo darwiniano sia ben lontano dallo spiegare certe creazioni della ragione umana, come i capolavori della poesia di Dante o di Shakespeare, e musiche come quelle di Bach o di Beethoven, e le grandi opere d’arte. Inoltre, la tesi di Darwin è smentita dal fatto che certe creazioni della tecnica non implicano la conservazione della vita, ma minacciano la sua distruzione. Jean Baudrillard scrive: «La specie umana è già andata oltre le sue possibilità. (…) Se la legge della selezione naturale fosse vera, il nostro cervello dovrebbe raggrinzirsi, poiché le sue capacità eccedono ogni destinazione naturale e minacciano di far scomparire la specie ».
Stupisce il fatto che Bloom consideri come fonti veritative i romanzi, i film, la televisione, i giornali e le interviste. E qui cade in un errore di carattere epistemologico. Aristotele diceva che la verità è l’essere, mentre le fonti cui l’autore si riferisce sono opinioni e apparenze, che spesso non rivelano, ma velano l’essere. Ancora Baudrillard dice che l’«apparenza» è, in certo senso, l’assenza delle cose da se medesime, e precisa: «Il fatto che le cose non abbiano luogo pur dando l’impressione di accadere, il fatto che ogni cosa si ritiri dietro la propria apparenza e non sia dunque mai identica a se stessa» costituiscono «l’illusione materiale del mondo, e questo resta in fondo il grande enigma…».
La comprensione dell’essere dell’uomo, e in particolare la conoscenza del bene e del male, stanno in altra dimensione, ben al di là di quella fisica, alla quale si restringono la psicologia e le scienze umane. Nicolás Gómez Dávila diceva: «Lo psicologo abita i sobborghi dell’anima, come i sociologi la periferia della società».
Giovanni Reale
Nasciamo già con un profondo senso del bene e del male? O siamo dei piccoli egoisti che la società educa a diventare persone per bene? Paul Bloom sostiene che i bambini non sono “pagine bianche” senza principi morali, ma che ancora prima di parlare sono già in grado di giudicare le azioni degli altri, provare empatia e un rudimentale senso della giustizia. La moralità, insomma, è innata, anche se limitata. Descrivendo il comportamento di scimpanzé, psicopatici, estremisti religiosi e raccontando molti aneddoti, Bloom spiega il modo in cui, crescendo, siamo chiamati a superare questi limiti con l’aiuto della ragione e confrontandoci con il mondo intorno a noi. Questo libro, che spazia da Darwin ad Hannibal Lecter, regala una prospettiva radicalmente nuova sulla vita morale di bambini e adulti.
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