Quanto siamo responsabili? – Il mandante dei miei misfatti

Domenica - Il Sole 24 Ore

«Vorrei sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio!» si chiedeva l’omino di Altan in una delle sue tanti folgoranti vignette. Domanda dettata da una certa “rabbia morale”, come direbbe qualcuno, e tutt’altro che filosoficamente sprovveduta, giacché potrebbe benissimo essere riformulata nel linguaggio metafisico di uno Spinoza o di uno Schopenhauer. L’omino non si arrende al fatalismo, non si vuole assumere troppe responsabilità, soprattutto delle malefatte, e siccome è tutto preso dall’assolversi, sembra incline a credere in una forma di antilibertarismo. Un responsabile c’è, perché, sembra dire, se io fossi libero di comportarmi come voglio, non commetterei quei misfatti. Si tratta solo di sapere chi è o, fuor di metafora, che cos’è. I naturalisti hard contemporanei un’idea ben precisa del mandante ce l’hanno: è il corpo, e più specificamente il cervello e il sistema nervoso. Se gli eventi neuronali del cervello determinano il comportamento, siano o non siano coscienti, è difficile ammettere che oltre a questo ci sia un “libero arbitrio”. E se dunque gli individui non sono liberi, ecco che non sono neanche responsabili. Ovviamente la domanda dell’omino non presuppone necessariamente una risposta ispirata a una forma di monismo materialistico quale quella implicita nel naturalismo scientista, e per lui andrebbe bene trovare il mandante anche fuori dallo spazio-tempo, pur di scagionarsi. Ma la tesi del naturalista, oggi, confortata da una serie di interessanti risultati empirici e sperimentali (ancorché a volte di controversa ispirazione), sembrerebbe proprio rispondere al meglio al suo rovello. Con alcune conseguenze, però, come minimo controintuitive: se quando agiamo siamo sempre in uno stato di incoscienza o di costrizione, e se dunque non siamo liberi di scegliere tra diverse alternative d’azione, non ci dovrebbe essere biasimo per le malefatte né lode per i buoni comportamenti, né sarebbe giustificata la pena che, secondo una comune accezione del diritto, si infligge per rieducare chi sbaglia.

In questa raccolta di saggi (Quanto siamo responsabili? Filosofia, neuroscienze e società, di Mario De Caro, Andrea Lavazza e Giuseppe Sartori, Codice Edizioni) sul concetto di responsabilità tra metafisica, etica, diritto, filosofia pratica e scienza, troviamo più di una risposta all’omino».

Alessandro Pagnini, Domenica Il Sole 24 Ore (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Mario De Caro, Andrea Lavazza, Giuseppe Sartori - Quanto siamo responsabili?Qualità individuale, virtù pubblica, fondamento delle relazioni: il concetto di responsabilità è tanto pervasivo quanto apparentemente intuitivo, ma in realtà uno sguardo più attento rivela grandi sorprese e questioni aperte. De Caro, Lavazza e Sartori, proseguendo l’analisi condotta in Siamo davvero liberi?, incrociano i risultati delle neuroscienze e della psicologia, le indagini filosofiche e gli aspetti giuridici. Se il mondo e il cervello sono deterministici, può esistere la responsabilità? Fino a che punto è possibile attribuirsi le conseguenze di un’azione? Quando, in sede penale, possiamo essere imputabili di un reato? Cosa significa, in definitiva, una vita vissuta responsabilmente? Domande fondamentali non solo sul piano teoretico, ma anche per le loro ricadute sulla nostra esistenza e sulla società.

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