«Barche controcorrente, sospinte di continuo nel passato. La scorata immagine della condizione umana che fa da chiusa al Grande Gatsby riecheggia in un ipnotico romanzo di recente pubblicazione e rara qualità letteraria. «Il nuotatore guarda il suo futuro», scrive nell’incipit lo spagnolo Joaquín Pérez Azaústre. Il mondo dei Nuotatori è ovviamente un altro, come è altro il tono, distante anni luce dalla rancorosa nostalgia che Fitzgerald attribuì alla sua voce narrante. Da una parte il passato, dall’altra un futuro contemplato non dalle acque sterminate e potenti nelle quali può smarrirsi una imbarcazione, ma in quelle raccolte, innocue e depurate di una piscina. E infatti, proseguendo nella lettura, si scopre un autore del tutto diverso da Fitzgerald, uno scrittore che misura la prosa con la cadenza ossessiva di un metronomo, come se la sua principale preoccupazione non fosse quella di raccontare una storia, bensì un’impresa impossibile, quella di accerchiare il tempo. Nelle prime due pagine questo nostro nuotatore, ancora privo di un nome, è descritto nei momenti che precedono l’ingresso in acqua, il distendersi delle prime bracciate. È raffigurato nell’uscire di casa, una casa piccola, anzi un cubicolo, per stare alla definizione che ne viene data e nella quale sembra affiorare l’abbaino somigliante a un armadio che Raskol’nikov lascia all’inizio di Delitto e castigo, complice anche la citazione da Dostoevskij posta in esergo al romanzo. Percorso il tragitto che lo separa dalla piscina, il nuotatore si dirige verso gli spogliatoi senza che un solo suo gesto venga considerato abbastanza marginale da non essere richiamato alla nostra attenzione.
Del resto, chi ha praticato questo sport sa che il nuotare in piscina è anticipato da una precisa routine. Ogni cosa ha un proprio posto, e anche un senso preciso malgrado l’irrilevanza apparente. Nello zaino, preparato per tempo, le ciabatte vengono sempre collocate dietro l’asciugamano ben ripiegato. La presenza di occhialini, cuffia e costume è sempre verificata con cura, se non con una certa apprensione. Tutto viene svolto con il religioso silenzioso e la devota concentrazione di un rito preparatorio, e ciò perché, entrando in acqua, il nuotatore accede a un’altra dimensione, fatta di isolamento e confronto col proprio corpo. Il nuotatore è lasciato a se stesso non tanto perché si nuota in solitudine, ma perché, una volta in acqua, il mondo in cui normalmente si vive cessa di esistere. Lo soppianta un ambiente astratto, un invaso squadrato nel quale fare avanti e indietro a forza di bracciate e colpi di gambe. Il nuotatore guarda il suo futuro, ma al termine di ogni vasca è obbligato a rifare la strada da cui è venuto, sospinto perennemente nel passato, proprio come nell’immagine che chiude Il grande Gatsby. Le analogie non terminano qui. Nel suo scritto testamentario, Il crollo, Fitzgerald paragona lo scrivere bene al nuotare sott’acqua, trattenendo il fiato. Azaústre non si concede associazioni altrettanto esplicite, ma è evidente che l’invaso della piscina, in quanto luogo di isolamento e di incontro con se stessi, fa il paio con il rettangolo bianco della pagina. Entrambi gli spazi funzionano alla maniera di un amplificatore interiore, esaltano speranze e paure, ci consentano di scoprire fin dove possiamo arrivare, misurano la nostra forza ma soprattutto le nostre debolezze, solitamente più numerose e profonde delle nostra forza. «Non si può ingannare l’acqua» dice Azaústre, un principio analogo dovrebbe valere nello scrivere: non si può ingannare se stessi. O meglio: non è possibile farlo senza pagare un prezzo. Quando scopriamo che il nuotatore ha anche un nome, Jonás, ci rendiamo conto di quanto sia sottile e confuso il margine che divide il futuro dal passato».
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Per Jonás, fotografo in crisi creativa e personale, nuotare non è solo una passione; è soprattutto un modo per liberare la mente, attutire i rumori della Madrid caotica in cui vive e concentrarsi sui movimenti del proprio corpo. È una forma di meditazione e di isolamento volontario dal mondo. La quasi totale solitudine in cui trascorre le sue giornate diventerà però una condizione obbligata: le persone, a cominciare da sua madre, iniziano misteriosamente a scomparire, senza lasciare traccia. Attorno a lui si crea lentamente il vuoto: sempre meno nuotatori frequentano la sua piscina, sempre meno persone popolano la sua città. Madrid da caotica diventa sempre più quieta, e anche Jonás comincia a temere di svanire. Ma dove sono andati tutti?
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