Dal comfort food al comfort cooking

Sette - Il Corriere della Sera

«Cibo da guardare, toccare, odorare, accarezzare. Cibo non solo da mangiare, ma da sentire e plasmare. I più attenti osservatori dell’universo alimentare, il trend lo hanno colto da tempo. Gli italiani, e non soltanto loro nel mondo in cui il cibo (per ora) abbonda, sono tornati in cucina a spignattare. E non si accontentano più del piatto di pasta al pomodoro o della fettina alla griglia, “giusto per metter qualcosa sotto i denti”. Vogliono recuperare le ricette della nonna e della tradizione oppure sperimentare piatti nuovi. Insomma, superare se stessi. Come vedono fare nelle gare culinarie che li inchiodano alla tv (oltre un milione di spettatori per la finalissima di Masterchef) o nei siti web di illustri sconosciute diventate chef-guru per acclamazione internettiana. Tanto che qualcuno comincia a chiedersi: dopo l’era del cibo consolatorio, siamo entrati in quella del cucinare che consola?

(…) Ognuno diventa cuoco di se stesso. Senza dimenticare mai, però, che il cibo è per natura sociale. Si mangia in compagnia, diventa oggetto di conversazione e di discussione, l’occasione conviviale per eccellenza. A volte fino all’eccesso. “Nei giorni feriali si mangia da soli o scambiandosi appena due parole al bar, il fine settimana va in scena una vera e propria celebrazione rituale del pasto. Le classi più popolari tendono ancora a riprodurre il pranzo tradizionale della domenica: il pasto dell’abbondanza e dell’abbuffata. Le classi appartenenti all’élite o che ambiscono a diventare élite cercano invece di riprodurre modelli di consumo più alti e raffinati, di esplorare anche attraverso il cibo dimensioni inusuali. La letteratura rende visibili tutte queste dinamiche”, racconta Lorena Carrara dell’Università di Parma, nel suo saggio Intorno alla tavola. Cibo da leggere, cibo da mangiare (Codice Edizioni)».


Sara Gandolfi, Sette Il Corriere della Sera (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).