Arcadia – Il permesso di essere vulnerabili

LaMcMusa

«Quando scrive Arcadia Lauren Groff è incinta ed è sola: si è appena trasferita in una nuova casa, il marito lavora, lei legge e scrive. Scrive questo libro, che presto diventa il figlio creativo da portare in grembo insieme a quello reale. Legge un altro genere di libro, intanto, però. Legge La strada di Cormac McCarthy, la storia post-apocalittica più cupa e angosciante che letteratura americana sia riuscita a generare in questi anni di contemporaneità cannibale senza santi né eroi. È il 2007, quasi il 2008: il mondo inizia ad andare in crisi e Lauren Groff è una giovane scrittrice incinta che di notte ha gli incubi sui disastri nucleari e di giorno tutta una serie di dubbi su che senso abbia dare una vita in più a questo mondo così orribile.

Poi la sua lettura finisce, la sua scrittura progredisce, il bimbo nasce. Anche dentro Arcadia nasce un bimbo, e con lui la potenza e il pericolo del sogno, la nobiltà dello sforzo che ci porta a stare insieme, l’idealismo della vita che è anche morte e si fa oscuro ma sempre idealismo rimane. La scoperta del reale, l’abbandono del virtuale.

Il sogno e la bellezza sono fragili. E ce ne dimentichiamo. Dimentichiamo di esplorarli e di cercarli. Bisogna fare un passo indietro, uscire dal guscio dei mondi virtuali sempre online, ed esplorare la nostra percezione sensoriale. Gusti, colori, bellezza. Come fanno i bambini, che non conoscono altro mondo se non quello reale dei sensi e si danno così il permesso di essere vulnerabili.

Questa è una delle mie Figurine, la collezione di curiosità americane più o meno introvabili.

Livello di introvabilità di questa figurina: assoluto.

Quelle lassù sono le parole dell’autrice, ascoltate live qualche giorno fa al Salone del Libro di Torino, quando Codice Edizioni, un editore da sempre specializzato in saggistica e non-fiction, ha presentato la sua nuova e molto promettente collana di narrativa. Due titoli, per cominciare: Arcadia dell’americana Lauren Groff, appunto, e Un uomo discreto del francese Alexandre Postel. Il libro ancora non l’ho letto, è vero, ma ho guardato a lungo la copertina: io un mondo senza male e senza morte, la mia Arcadia, la immagino esattamente con la stessa grafica, quei colori, quelle forme, quelle mani che stanno unite, gli uccellini che svolazzano intorno in silenzio, il color panna. Io non sarei vestita di rosa, è vero, e davanti a me ci sarebbe probabilmente un ragazzo molto più alto. Però che importa. Complimenti ad Alessandro Damin per la cover e a Tommaso Pincio che, oltre ad aver tradotto il romanzo, l’ha presentato insieme all’autrice e anche questa volta non ha esercitato la minima avarizia nella sua delicata dote di trasmettere conoscenza a chi lo ascolta, di connettere immaginazioni lontane in un unico, universale, piacere narrativo».

Marta Ciccolari, LaMcMusa.com (blog di letteratura americana)